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Il presidenteLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Leonardo Mezzelani23 ottobre 2018Voto: 6.0
Quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo, dicono. Ma se alla mansione di padre si dovesse aggiungere anche quella di capo di stato? Certo le cose potrebbero complicarsi non poco, tanto da acquistare parvenze titaniche. Su questo riflette, e tenta di raccontarci, “Il Presidente” di Santiago Mitre. Presentato alla 70esima edizione del Festival di Cannes, per la sezione “Un Certain Regard”, il film segue per circa due giorni il presidente argentino Hernán Blanco.
Chiamato a partecipare ad un importante meeting con altri capi di stato sudamericani, il politico dovrà al contempo gestire un improvviso caso di corruzione che riguarda sua figlia e che rischia di compromettere irrimediabilmente la sua reputazione. Ecco che l’uomo politico è costretto a scindersi e vestire nuovamente i panni di padre di famiglia, cercando di aiutare una figlia che ritrova sconvolta e decisamente poco equilibrata, senza però venir meno ai doveri verso la sua nazione. Il regista e sceneggiatore Santiago Mitre porta avanti la narrazione del suo “Il Presidente” su tre piani differenti. Il primo è quello del mondo politico, nel quale il nostro protagonista vivrà situazioni che sembra non aver alcuna difficoltà a gestire, anche e soprattutto grazie alla sua encomiabile segretaria, sempre pronta a ricordargli nomi e impegni. Così, tra sotterfugi, giochi di potere, incontri segreti e sorrisi di facciata ci si avvia verso il tanto atteso meeting finale, quando si deciderà se dar vita o meno ad una grande alleanza petrolifera tra gli stati del Sud America (attenzione alle sorprese). Il secondo è quello a cui è concesso meno spazio, quello dell’intervista, votata alla stesura di un libro sulla figura del leader argentino, con una giornalista che tenta di mettere in difficoltà il nostro protagonista, ottenendo però magri risultati. Infatti, anche qui Blanco sembra perfettamente a suo agio, in grado di rialzarsi agevolmente anche dopo gli sporadici passi falsi. Il terzo è forse il più interessante e si concentra sul suo rapporto con la figlia. L’uomo dietro il potente politico si mostra decisamente più debole. Mutismo selettivo, sedute di ipnosi, ricordi corrotti e accuse - forse -infondate non vengono affrontate con la stessa sicurezza mostrata nei primi due ambiti. Anzi, Hernán Blanco padre è vulnerabile, sembra brancolare nel buio, non è capace nemmeno di rispondere con convinzione ad apparentemente fantasiose accuse di omicidio. Un genitore che sembra non riuscire a fronteggiare un mondo dal quale oramai si è staccato, che ormai ha abbandonato. Un passato che però sembra impossibile lasciare, destinato a tornare sempre più prepotentemente e mettere in crisi tutto. Nonostante questo la sensazione che si ha durante i quasi 120’ di durata è che il film fatichi ad ingranare, le parti più interessanti (seduta di ipnosi) vengono lasciate morire troppo velocemente con troppa facilità. La regia di Mitre invece è sapiente, gioca con l’alternanza di colori caldi e freddi, regala scorci a tratti mozzafiato. Nota di merito anche per gli attori che risultano credibili, salvo un paio di casi (il leader brasiliano è troppo sopra le righe). Complessivamente “Il presidente” resta un film godibile, lontano - forse per scelta - dai migliori film politici che abbiamo visto nell’ultimo decennio. Eppure è capace di intrigare lo spettatore, lasciarlo davanti lo schermo con una domanda destinata, forse, a restare senza risposta: cosa siamo disposti a perdere per ottenere quel che vogliamo? La frase dal film:
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