Il mondo di Arthur Newman
Dante Ariola gira un film sulla ricerca della propria identità: tema visitato da un'enorme mole di letteratura, a partire dal "Fu Mattia Pascal", e di cinema. Nel fare ciò, il regista sceglie da una parte di non nascondere le sue intenzionali metafore, dall'altra di condurre quest'operazione anche a livello metanarrativo: il susseguirsi degli eventi cioè, non si manifesta linearmente e ciò porta anche lo spettatore a cercare la propria identità nel film, ovvero la propria identificazione. Colin Firth e Emily Blunt incarnano i personaggi principali del copione e li conducono in una narrazione che sembra procedere senza una meta precisa, sfiorando anche il genere road-movie: la loro meta non è chiara, non sembra arrivare mai e proprio il loro girovagare assume un senso. Sulla strada hanno l'occasione di reinventarsi, vestendo e svestendo letteralmente i panni di altre coppie, scoprendosi giorno dopo giorno grazie alle identità rubate ad altri e scoprendo la realtà della relazione che, in fondo, ci specchia e ci mostra chi siamo in realtà.
Lo spunto di riflessione è intrigante anche se si fatica a stare al passo con il procedersi disordinato di eventi: la sensazione di straniamento che si percepisce è sfiancante e frustrante e non si riesce mai a entrare in sintonia con il film. Lo stesso vale per gli interpreti stessi che mostrano caratteri e atteggiamenti nuovi e inaspettati scena dopo scena, ma non riescono alla fine a costruirne uno convincente. Il tutto è voluto e cercato consapevolmente dalla sceneggiatura che gioca, anche a livello metacinematografico, con l'identità, l'introspezione e l'identificazione spettatoriale. Le pieghe del plot ci portano a spasso per gli States giocando con le nostre aspettative, i nostri dubbi e le nostre certezze: la meta dei protagonisti sarà anche la nostra? Chi sta mentendo adesso e perché? Riusciranno i protagonisti (e anche noi) a raggiungere un equilibrio affettivo?
Purtroppo la conclusione del film è troppo debole per rispondere a fondo a questi interrogativi. L'impressione è che sia stato tutto troppo frettolosamente trattato per trovare un finale degno di queste aspettative. Il ritrovamento degli affetti precedenti è banale e non vengono presi in considerazione tanti spunti sollevai proprio dalla complessità della narrazione.
La confusione prende piede sempre di più e offusca anche gli ottimi spunti iniziali che il film offriva e quelli intrinsecamente contenuti nella storia.
a cura di Matteo Brufatto
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