Il mestiere delle armi

23 novembre 1526. Giovanni de' Medici da le Bande Nere, Capitano al soldo di Clemente VII, a soli 28 anni ha già fama di grande condottiero ed è espertissimo nell'arte della guerra. Sono gli anni in cui questa arte assume nuove e terribili armi: si comincia infatti a parlare di "artellerja".
I lanzichenecchi, calati in Italia al comando del Generale Zorzo Frundsberg, non ne sono ancora provvisti; non lo sono neppure le truppe guidate da Giovanni de' Medici.
Sarà il duca Alfonso d'Este, cedendo alle convenienti offerte di Sua Maestà Carlo V, ad offrire in gran segreto agli ufficiali del Generale Frundsberg, quattro "falconetti affustati su ruote", ovvero nuovissime bombarde da palla, rifiutate qualche ora prima al de' Medici.
Questo dono vigliacco segna la fine dell'esercito di Giovanni e persino la sua morte. Fra i ruderi di una fornace abbandonata la guarnigione del Frundberg si fa trovare schierata in attesa dell'attacco dei soldati dell'esercito pontificio. Un fortissimo botto sovrasta il fracasso del metallo delle armature e delle voci dei soldati all'attacco. La sorpresa blocca il galoppo del Capitano italiano e il colpo d'un falconetto lo colpisce alla gamba. Le cure immediate nella Casa di Loyso Gonzaga non riusciranno a salvarlo. La lenta agonia del giovane Giovanni durerà quattro giorni. Morirà il 30 novembre del 1526, lasciando una giovane moglie con il figlio, Cosimo.

Dopo sei anni di silenzio il "Maestro" Olmi torna al cinema. Il suo film ancora una volta ripropone una cinematografia costruita su lunghi silenzi ed azioni ponderate, più che lente. Il racconto si sviluppa attraverso il resoconto di Pietro Aretino, che segue da vicino il Capitano de' Medici. Spesso voce fuori campo, illustra il rapporto del giovane uomo nei confronti della vita e in particolare nel suo rapporto con la morte.
La Storia ha spesso dipinto il giovane Giovanni come uomo crudele e spietato, mentre Olmi propone un immagine indubbiamente più umana seppur d'uomo rigoroso e spesso crudele. Un ritratto estremamente completo, che tiene conto sia dei sentimenti, seppur raramente espressi, sia delle responsabilità nei confronti della sua missione di guerra.
La storia si sviluppa tra le poche parole pronunciate da Giovanni, di rabbia contro il Gonzaga che dà rifugio all'alemanno o di impalpabile tenerezza nelle brevi ed essenziali lettere alla moglie Maria. È soprattutto lo sguardo severo e attento che meglio racconta l'essenza umana di Giovanni, interpretato da un giovanissimo attore Bulgaro, Hristo Jivkov, che sostiene ottimamente il ruolo. Pensieroso ma mai malinconico, affronta magistralmente il suo saluto alla morte con l'umiltà d'un uomo e la grandezza d'un coraggioso combattente.

Valeria Chiari

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