Piano, solo
“Piano, solo” racconta la storia di Luca Floris, uno dei migliori musicisti jazz italiani. In pochi anni il suo talento e uno studio costante gli avevano permesso di collaborare con i più grandi musicisti jazz, come Massimo Urbani e Chet Baker.
La sua vita è stata, però, minata dal seme della follia, che lo ha portato all’autodistruzione.

Il regista racconta la vicenda di Luca ponendo particolare attenzione ai suoni, non solo alla sua musica, sono proprio i rumori a sottolineare i momenti salienti del film.
L’impianto del film, però, è convenzionale, la sua vita viene ricostruita per tappe successive: l’infanzia felice, la tragica morte della madre, gli inizi nella musica jazz, l’amore e poi la lenta discesa nell’inferno della follia. Le varie fasi si susseguono lentamente, i ritmi non seguono né quelli della musica jazz, né quelli dissonanti della malattia, ma quelli tipici del biopic.
Questo non impedisce alla storia di essere coinvolgente, grazie soprattutto agli attori, tutti molto intensi; spesso ripresi in primissimo piano riescono a rendere tutto il dolore ed il dramma che i loro personaggi si trovano a dover fronteggiare, lo smarrimento e la disperazione nel vedere come la follia distrugga la vita di Luca.
La fotografia caratterizzata dai forti contrasti è molto bella e simbolica. Spesso Luca viene ripreso con metà del viso completamente in ombra mentre l’altra metà è fortemente illuminata, a sottolineare il suo lato oscuro, mentre le mani che suonano sono sempre riprese con una luce forte, quasi accecante.

La frase: "Questo ragazzo non beve, non fuma, non si fa le canne, ma come farà a suonare così bene?".

Elisa Giulidori

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