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Iki Çizgi (Due linee)
Si apre su un melò teatrale, in cui due attori in scena sanciscono la fine del loro amore tra le lacrime. Un’espressione dei sentimenti che invece la coppia protagonista sullo schermo evita, in un’arida quotidianità di convivenza sotto lo stesso tetto con la comunicazione ridotta al minimo – da usurata, stanca relazione – dentro una vivace, caotica e rumorosa città quale è, di contro, Istanbul. Il cineasta Selim Evci procede per sottolineature, simbolismi (un estraneo, forse un ladro, si introduce nottetempo nell’abitazione - come un malessere, un messaggero della fine – mentre i due dormono) e giustapposizioni: lei infatti ama la musica classica e al pianoforte suona Gymnopèdie di Satie, a lui piace il rock e va - da solo - a vedere un concerto in un locale. L’una è riservata, l’altro è fotografo dalle tendenze voyeuristiche. Incarnano, in quanto individualità che vanno avanti parallelamente ma senza incrociarsi, le "due linee" del titolo, tra le quali il contatto fisico si traduce solo in una fredda scena di sesso avvolta da toni bluastri nel buio.
Infine, l’autore affida ad un viaggio di vacanza anche la funzione di momento della verità con reciproche gelosie (nella significativa doppia scena, a ruoli invertiti, degli specchietti retrovisori dell’automobile) e sporadici momenti di gioco, dal bagno al mare all’emblematico nascondino in un campo di girasoli, fino alla cruciale simulazione di un rapporto a pagamento.
Autore di corti e documentari, Selim insegna all'università di Istanbul, è direttore dell'International Annual Akbank Short Film Festival e ha fondato l’indipendente "Evci Film Production Company", con la quale ha realizzato questo "Two lines", suo debutto nel lungometraggio di finzione di cui firma regia, sceneggiatura, produzione e montaggio. Cura dell’inquadratura e dei cromatismi, lunghi silenzi, macchina da presa fissa e abbandoni paesaggistici da promozione turistica tra campagne, spiagge solitarie, rovine di antiche civiltà, danzatrici accompagnate da musicisti tradizionali, per un film vuoto, algido e inerte al pari della dinamica tra i suoi interpreti.
La frase: "Volete tutti parlare, prima".
Federico Raponi
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