Uomini senza legge
La storia del novecento dell’Algeria non è certo uno dei temi che il cinema occidentale tratta ed ospita spesso. Ci ricordiamo tutti di "La battaglia di Algeri" di Gillo Pontecorvo, ma poi?
Nell’immaginario collettivo di noi tanti europei, la storia degli algerini si confonde spesso, e purtroppo, con quella degli altri paesi nordafricani colonizzati dai francesi. Con "Outside the law", l’algerino Rachid Bouchareb tenta di rappresentare il processo storico che dalla fine della seconda guerra mondiale, portò il proprio paese all’indipendenza del 1962. Per farlo, questo regista veterano di festival (tante volte sia a Berlino che a Cannes, vincendo sempre qualche premio) si serve della storia di tre fratelli.
Scacciati dalle proprie terre quando erano ancora bambini, i tre vivono il massacro di Setif dell’otto maggio, quando l’esercito alleato (con in prima fila i francesi), cominciò a sparare su di un numeroso corteo di pacifici manifestanti. Si dimostrava per l’indipendenza. Non era consentito. Il calcolo delle vittime non fu mai accertato con dati ufficiali, ma siamo nell’ordine di migliaia.
Non bastò, infatti, l’uccisione dei protestanti, ma si entrò anche nelle case di altri civili allo scopo di dare a tutti una lezione.
Da quel momento in poi i protagonisti di "Outside the Laz" vivono un percorso unito e diviso allo stesso tempo. Uno viene arrestato e mandato in Francia, un altro si arruola poco dopo nell’esercito francese in missione in Indocina, mentre il terzo rimane vicino alla mamma rimasta vedova. Si ritroveranno anni dopo tutti in Francia, uniti (soprattutto i primi due) dall’obiettivo di vendicare il tanto sangue dei propri connazionali e rendere libera l’Algeria.
Con il tono epico di chi racconta la grande storia del proprio, patriottico passato, Bouchareb sceglie la strada del cinema gangsteristico per giustificare il terrorismo del Fronte di Liberazione Nazionale contro gli oppressori francesi. Si tratta di un tipo di racconto sempre più utilizzato in Europa. Sia l’italiano "Prima Linea" che il tedesco "La banda Baader Meinhof" si sono mossi su analoghi percorsi, senza purtroppo esaltare per risultati raggiunti. Solo il "Munich" di Spielberg è riuscito in tempi recenti ad unire azione e contenuto, il dramma di che uccide a freddo in nome di ideali e vendetta e il significato che c’è dietro. Bouchareb sembra purtroppo scrivere di fretta, il terrorismo è solo attentati e contro attentati, non c’è politica, non c’è profondità. La scelta di seguire unicamente i tre protagonisti rende il film monco sul piano storico. Poco e nulla viene contestualizzato. Quanto succedeva in Algeria mentre i tre stavano Oltrealpe non viene neanche evocato, così come i cambi di politica estera scelti nel tempo da De Gaulle per risolvere la questione. Tutto viene semplificato fino all’inverosimile. Buoni e cattivi, bianco e nero. I dialoghi conseguentemente risultano sempre iper-esplicativi: il rimorso è un pianto guardandosi le mani davanti alla mamma morente, la sfida con il capo della polizia francese è un faccia a faccia che ricorda le presentazioni dei pugili il giorno prima del grande incontro. E’ vero che ci si indigna nel vedere quanto e come agirono i francesi, e anche il semplice aver fatto nascere curiosità nello spettatore su quanto successo all’epoca è un fatto positivo, ma il modo poteva essere più studiato data l’importanza dell’argomento. La regia non aggiunge nulla. Il finale sull’indipendenza arriva senza alcun crescendo, attraverso una didascalia e immagini di repertorio che non seguono una scena madre precedente. La contraddizione di Bouchareb è nel voler fare una pellicola dai toni e dal ritmo occidentale senza però rendersi conto che quello stesso pubblico straniero non conosce a menadito la storia dell’Algeria, né riflessioni storiche sulla sua indipendenza. E così la storia scivola via, portandosi dietro le polemiche di chi dice che "le cose non sono andate così". E’ un peccato, si poteva andare a fondo ed invece si rimane in superficie.

La frase: "Alla fine, sei stato tu che hai vinto".

Andrea D'Addio

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