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Hannibal
Finalmente Hannibal è tornato.
Mai un essere più crudele è stato tanto atteso. Ma il cinema si sa, riesce spesso a creare dei mostri che diventano veri e propri miti: pensiamo a Dracula o alla Mummia.
Ecco ora Hannibal Lecter, psichiatra geniale, folle cannibale.
Ridley Scott ha accettato la scommessa e ha diretto, in maniera indubbiamente eccellente, il seguito del "Silenzio degli innocenti", così come la storia è stata scritta dall'autore Thomas Harris, con poche variazioni.
Sono passati dieci anni e Hannibal adesso, dopo essere fuggito alla sorveglianza della FBI si trova a Firenze. Clarice Starling, agente dell'FBI, dal canto suo non ha mai dimenticato l'incontro con il dottore, nell'ospedale di massima sicurezza per criminali psicotici. Le viene affidato il compito di scoprire dove si nasconde il dottor Lecter, ritrovandosi ancora una volta ad ascoltare registrazioni e guardare orribili video, alla ricerca di un qualsiasi indizio che la porti da lui.
Parallelamente si snodano le vicende di Hannibal, felicemente sistemato a Firenze, che con il nome di Professor Fell si occupa di una preziosa Biblioteca nel Palazzo Vecchio; e di Mason Verger, vittima del dottore, rimasto orrendamente sfigurato, anche lui alla ricerca di Hannibal per vendicarsi. Per attuare un piano atroce lo aiuterà un commisario di polizia di Firenze, Rinaldo Pazzi, alla disperata ricerca di denaro, per soddisfare i capricci della giovane e bellissima moglie di cui è profondamente innamorato.
Non fermiamoci a facili confronti con versioni o capolavori precedenti, sarebbe troppo facile trovare difetti e diversità. Restiamo ancorati al presente e alle immagini di questo nuovo Hannibal, invecchiato di dieci anni - benissimo per altro -, ma altrettanto magnetico e affamato.
Una fame diversa quella di questo Hannibal, più legata alla difesa di sé e della ritrovata è ormai irrinunciabile libertà.
Ancora molto profondo, quasi romantico è invece il legame che lo unisce a Clarice, riportandolo di nuovo in America: subisce ancora il fascino della donna e le si rivolge con un rispetto d'antica maniera, che ricorda un innamorato d'altri tempi.
Il gioco tra i due non ha la medesima ambiguità di quello de "Il silenzio degli innocenti", ma è altrettanto intimo. Clarice è una donna adulta che combatte da troppo tempo il male per restarne ancora ammaliata e le parole di Hannibal sul ricordo dei genitori non possono più riportare alla superficie pene troppo lontane e dolori oramai risolti. Ma il gioco seppur diverso è ugualmente affascinante, forse proprio in nome di una attrazione ineluttabile. Julianne Moore rappresenta in maniera straordinaria una Clarice adulta, vittima della sua durezza e rettitudine, che riesce senza alcun timore e vergogna a provare rispetto per un uomo considerato da tutti un orribile mostro. Di Anthony Hopkins meglio restare in riverente silenzio per non rischiare di cadere in pareri ovvi e banali.
I personaggi che giocano in ruoli solo all'apparenza di secondo piano - Giancarlo Giannini, Ivano Marescotti per citarne alcuni - sono tutti perfettamente a loro agio nella tragedia che si consuma con ritmi incalzanti; sullo sfondo, silenziosa spettatrice, Firenze alla quale la fotografia di John Mathieson - già con Scott ne Il Gladiatore - regala atmosfere fosche e cupe che, come dice lo stesso Giannini, ricordano molto quelle del Terzo Uomo di Carol Reed.
Valeria Chiari
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