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Libera uscita











L’irriverenza dei fratelli Farrelly, con l’inevitabile carico di scurrilità e volgarità (volutamente gratuita, quasi uno studiato affronto nei confronti del benpensante pubblico che affolla le sale) la ritroviamo tutta nel loro ultimo film "Libera Uscita".

"Libera Uscita", cioè "una settimana per fare quello che vuoi, niente domande". Ad usufruirne sono due mariti, un po’ appannati dalla routine di un matrimonio ormai datato. A concedergliela, ma anche a concedersela, sono le rispettive mogli, nella speranza che sette giorni sette di assoluta libertà possano rinsaldare un’unione traballante.

Con premesse del genere, il film non poteva che avviarsi nel sereno alveo della commedia brillante, demenziale e ammiccante per l’appunto, campo nel quale i fratelli Peter e Bobby Farrelly, spaziano beatamente. Forse, troppo beatamente. Infatti, il troppo frequentare le sicure stanze della commedia ha stemperato un tantino la verve dei fratelli registi e quest’ultimo film sembra più una risciacquatura dei precedenti. Gli ingredienti sono gli stessi, cambiano le facce dei protagonisti ma anche con il profilo sghembo di Owen Wilson il risultato è una riproposizione di avanzi riscaldati, anche se sapientemente presentati e confezionati. Il ritmo tutto sommato è quello giusto ed anche il dipanamento della trama dimostra la capacità di saper maneggiare la materia narrativa, ma nonostante ciò la sensazione di "già visto" ti accompagna dall’inizio alla fine.
Ed in questo caso, tra l’altro, il finale è di quelli talmente conciliatori e così politicamente corretto da risultare quasi stucchevole. Le cose migliori sono forse il tratteggio esagerato dei personaggi con il risalto dato a difetti e atteggiamenti da sembrare quasi delle maschere da commedia grassa e ridereccia... Caratterizzazione alla quale i due attori protagonisti, Owen Wilson e Jason Sudeikis, si prestano con sufficiente bravura. Lo spesso pennarello degli sceneggiatori da’ proprio il meglio nella pennellatura di questi benestanti americani di mezza età alla ricerca della perduta gaia giovinezza. Un paio di momenti poi sono particolarmente divertenti, ma per il resto, le differenze con le commedie giovanilistiche si assottigliano sempre di più ed i pochi graffi dei film precedenti sono sostituiti da tiepidi ammiccamenti da locali per teenager.

La frase:
"Le parole fanno male".

a cura di Daniele Sesti

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