Goodbye, Mr. Zeus!
"Il film ha una struttura narrativa con una prima parte composta 'a strati', ad accumulazione di eventi che si sedimentano uno sull’altro in un progressivo 'slow burns' che culmina con la perdita per il protagonista di tutti i beni, compresa la libertà fisica, mentre la seconda parte del film si svolge in linea consequenziale".
Con queste parole, il regista Carlo Sarti – autore nel 1994 di "Se c’è rimedio perché ti preoccupi?" – sintetizza il suo secondo lungometraggio, nel quale l’ottimo Fabio Troiano ("Dopo mezzanotte") veste i panni del giovane impiegato di banca Alberto che, vistosi rifiutare dalla fidanzata Adelaide alias Chiara Muti ("Il partigiano Johnny") il pesciolino rosso regalatole per il suo compleanno, vi si affeziona e decide di chiamarlo Zeus.
Da qui, con un cast comprendente, tra gli altri, la Maruska Albertazzi del brassiano "Fallo!", lo Stefano Fregni del low budget "Amore liquido" e il Max Mazzotta recentemente visto anche in "Diciotto anni dopo" di Edoardo Leo, prende il via un folle, frenetico e surreale racconto per immagini che vede il protagonista cacciarsi in una serie interminabile di guai dal momento in cui il piccolo esserino squamato comincia a comunicare con lui, manifestandogli tutto il disappunto che prova nel vivere in un piccolo acquario.
E, mentre nessuno sembra credergli, si va dalla distruzione dell’appartamento alla chiusura in carcere, anche se la sceneggiatura – a firma dello stesso regista ed aggiudicatasi il Premio Solinas ex-aequo con menzione speciale della Giuria – sembra essere infarcita di troppe poche situazioni interessanti per poter permettere al film di garantirsi la costante attenzione dello spettatore nel corso dei totali 90 minuti di durata.
Infatti, l’impressione generale è che l’originale idea di partenza si sarebbe potuta sfruttare meglio in un cortometraggio, anziché in un’operazione come questa che, oltretutto penalizzata dall’ eccessiva invasione del lato allegorico su quello del genere d’appartenenza, necessita della spiegazione di Sarti per poter essere capita pienamente: "Il film è una piccola narrazione in forma di commedia sulla ricerca della libertà. Zeus, il pesce rosso dentro l’acquario, è in generale simbolo del limite della condizione umana ed è la rappresentazione del limite esistenziale, professionale e affettivo del protagonista. Alberto, il protagonista, trova in Zeus il suo alter ego che, con piccoli balzi fuori dall’acqua, desidera superare il ristretto spazio in cui è costretto. E il film, con tutte le narrazioni sulla libertà, è anche un racconto della fragilità del suo protagonista".

La frase: "Oh Dio, il mio pesciolino sa cantare… e guarda anche la tv".

Francesco Lomuscio

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