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Gocce d'acqua su pietre roventi
"Gocce d'acqua su pietre roventi" è stato scritto a soli diciannove anni dal grande regista tedesco Rainer Werner Fassbinder, prematuramente morto nel 1982 a soli 37 anni, e mai messo in scena o adattato per il cinema dal suo autore.
Operazione, invece, attuata da Francois Ozon ("Sitcom - La famiglia è simpatica" / "Sotto la sabbia") nel 1999 con indubbia maestria.
Il film racconta la storia dell'incontro di Leopold (Bernard Giraudeau, ha lavorato anche con Scola nel 1981 nel film "Passione d'amore") cinquantenne giovanile ed affascinante, con Franz (Malik Zidi) giovane di vent'anni, riccio di capelli rossi e con "le gambe muscolose". Franz ha una ragazza, Anna (Ludivine Sagnier) che Leopold lo porterà a lasciare convincendolo che è lui l'amore della sua vita. Nelle stanze di un appartamento dove con accuratezza è stato ricostruito un ambiente anni '70, (pareti tinte con colori oggi messi al bando, grossi inutili oggetti come soprammobili, orologi dalle forme improbabili alle pareti) la storia d'amore tra i due uomini si sviluppa sempre più nervosa ed i dialoghi tesi e agitati ne sottolineano il sotteso isterismo. A complicare, ma anche a suggellare la parabola discendente del loro rapporto, arrivano le ex fidanzate dei due uomini: Anna e Vera (Anna Thomson, "Fast Food, Fast women") ex di Leopold che, in passato per compiacere ai suoi voleri, si è sottoposta ad un'operazione chirurgica per diventare donna.
Pietra angolare dell'incrocio dei rapporti tra i personaggi è certamente Leopold. È lui che miscelando lusinghe e personalità seduce chi gli sta intorno trascinando le sue vittime in un baratro di sottomissione. Le sue prede non sfuggono alla delicata ma implacabile tela delle sue blandizie abbaglianti. Come gocce d'acqua, per l'appunto, i suoi amanti bruciano sulla pietra rovente della sua attrazione ("Io non ho bisogno di te. Tu hai bisogno di me" risponde ai suoi innamorati). E il regista francese è un maestro nel rilevare con movimenti morbidi e avvolgenti della macchina questo vortice che lentamente ma inesorabilmente ingoia le vittime di Leopold. Francois Ozon si muove con sicurezza fra le complicate psicologie dei personaggi e dagli attori che li interpretano riesce a trarre momenti di ottima recitazione.
L'opera è di stampo teatrale e il regista non fa nulla per dissimularlo. I tempi sono scanditi dagli atti, la scena è un appartamento chiuso da cui, dell'esterno, si percepiscono solo i rumori. Quell'appartamento, che rimanda allo spettatore un senso di claustrofobico malessere, diviene metafora della situazione senza via di scampo nella quale gli amici e le amiche di Leopold si trovano (Vera cercherà alla fine, inutilmente, di aprire una delle finestre).
Il film, nonostante la storia grave che racconta, non è però pesante. Alleggerito da scene kitsch e bizzarre girate con disincanto e ironia, la visione dell'opera risulta piacevole e scorrevole allo spettatore (imperdibile il balletto dei quattro protagonisti alla musica di "Tanze Samba mit mir" un samba teutonico al ritmo di disco music).
Consigliato ai vecchi fans di R.W. Fassbinder.
Das
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