Gli equilibristi
Una moglie con le fattezze della Barbora Bobulova di "Immaturi" (2011), una casa in affitto, un’automobile acquistata a rate, un posto di lavoro fisso, un figlio piccolo interpretato da Lupo De Matteo e una figlia ribelle ma simpatica che suona in una rock band e cui concede anima e corpo la Rosabell Laurenti Sellers vista in "Femmine contro maschi" (2010) di Fausto Brizzi.
Cosa accade, però, nel momento in cui il quarantenne Giulio alias Valerio Mastandrea finisce per far scoprire alla compagna il proprio tradimento?
Accade che un uomo, di colpo, si trova a dover assaporare il labile confine tra benessere e povertà, cadendo nella tutt’altro che rassicurante giungla delle occupazioni sottopagate e senza contratto, dell’impossibilità di permettersi un’abitazione e delle dormite in macchina.
Una giungla che, a quanto pare, nell’Italia (e non solo) d’inizio XXI secolo è divenuta l’involucro di non pochi padri separati e, di conseguenza, ridotti sul lastrico.
Una giungla che, attraverso la disperata figura di Giulio, viene esplorata su celluloide dall’Ivano De Matteo visto nella serie televisiva "Romanzo criminale" nei panni di Puma, nonché regista de "L’ultimo stadio" (2002) con Giorgio Colangeli e "La bella gente" (2009) con Myriam e Antonio Catania.
Tirando in ballo anche Maurizio Casagrande, Rolando Ravello e Paola Tiziana Cruciani in piccoli ruoli, ma puntando soprattutto sul cast principale, in ottima forma; al servizio di un efficace script – a firma dello stesso De Matteo insieme a Valentina Ferlan – sfruttato a dovere da una regia tutt’altro che disprezzabile (si pensi solo alla sequenza che si svolge nel parco dei giochi gonfiabili).
Con la risultante di circa cento coinvolgenti minuti di visione che, se in un primo momento, complici le diverse battute e situazioni destinate a strappare risate allo spettatore, non sembrano affatto distaccarsi dal lodevole modo in cui, come di consueto, la Commedia all’italiana rielabora il dramma, finiscono per diventare sempre più duri, tristi e, di conseguenza, sinceri, man mano che si avviano verso l’epilogo.
Apparendo, probabilmente, non troppo distanti dal meno allegro e più amaro cinema di Luigi Comencini... pur lasciando intravedere un barlume di speranza.
La frase:
"Er divorzio è pe’ quelli ricchi, gente come noi nun se lo po’ permette".
a cura di Francesco Lomuscio
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