Frontiers - Ai confini dell'inferno
Proveniente da short e videoclip, il francese Xavier Gens esordisce nella regia del lungometraggio con quello che si propone come una sorta di "Un tranquillo week-end di paura" d’oltralpe, il quale, però, giunge in realtà sui nostri schermi dopo l’opera seconda girata a Hollywood: l’action-movie "Hitman-L’assassino", ispirato al noto videogioco.
Non a caso, a partire dai primi minuti di visione, tempestati di immagini realizzate con lo stesso stile dei servizi giornalistici televisivi, la vicenda dei quattro ragazzi che, in fuga dalla polizia verso la frontiera, finiscono per rifugiarsi in un ostello semi abbandonato gestito da quella che si rivela l’immancabile combriccola di sadici psicopatici, lascia già tranquillamente intuire la predisposizione da parte del regista per il genere d’azione.
Infatti, tra citazioni dichiarate e non che vanno da "Una vita al massimo" di Tony Scott a "Hostel" di Eli Roth, il progressivo addentrarsi nella classica spirale di follia immersa nel clima di sadismo e perversione non funziona tanto per gli impressionanti dettagli gore, ottimamente realizzati con l’ausilio di ben 400 litri di sangue artificiale ma che comunque non aggiungono quasi niente di nuovo nel panorama della "macelleria" su celluloide, bensì per il frenetico ritmo conferito dall’apprezzabile montaggio di Carlo Rizzo ("Hitman-L’assassino", appunto), capace di rendere il poco originale insieme decisamente veloce e coinvolgente.
Del resto, con un look visivo arrugginito enfatizzato dai colori ocra e marrone sfruttati dalla bella fotografia di Laurent Barès ("Per scherzo!"), il film di Gens vuole essere un dichiarato omaggio ai classici horror che hanno accompagnato l’autore nella crescita, infarcito anche del senso d’inquietudine provato nel 2002 quando, in occasione delle elezioni generali, l’estrema destra in Francia ha ottenuto inaspettati consensi.
E, rilegando uno dei migliori momenti nella sequenza alla "The descent-Discesa nelle tenebre" in cui due dei protagonisti si trovano incastrati all’interno di uno stretto tunnel, il risultato altro non appare che nelle vesti di ennesimo remake indiretto di "Non aprite quella porta", tecnicamente valido e al di sopra della media, ma che sembra guardare più al rifacimento curato da Marcus Nispel nel 2003 che all’originale di Tobe Hooper.

La frase: "Noi dobbiamo rinnovare il sangue della famiglia".

Francesco Lomuscio

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