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FrantzLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato02 settembre 2016Voto: 7.0
Pierre Niney (“Yves Saint Laurent”) e Paula Beer (“Diplomacy - Una notte per salvare Parigi”) sono i protagonisti del nuovo film di François Ozon (“Giovane e bella”), “Frantz”, presentato in concorso alla 73. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Al termine della Prima guerra mondiale, in una cittadina tedesca, Anna si reca tutti i giorni sulla tomba del fidanzato Frantz, morto al fronte in Francia. Un giorno incontra Adrien, un giovane francese andato a raccogliersi sulla tomba dell’’amico' tedesco. La presenza dello straniero nella cittadina tedesca susciterà reazioni sociali molto forti e sentimenti estremi da parte degli abitanti della città, in quanto il dolore della Grande Guerra è ancora vivo nei loro cuori e riaccende ferite mai emarginate. Il giovane, un eccellente violinista molto riservato e contenuto negli atteggiamenti, inizierà ad avvicinarsi ad Anna la quale non è a conoscenza del terribile e pesante fardello che il francese porta sulle sue spalle.
Il dramma di François Ozon, che vale la pena vedere per i temi affrontati e l’intensa interpretazione di due interpreti principali, è tutto fuorché banale. Il regista, infatti, riesce a trasportare letteralmente lo spettatore nella Francia dell’immediato dopoguerra, pieno di disagi, di dolore per la perdita dei propri cari e denso di una vena patriottica che è evidente per tutta la durata della pellicola. Le scene che si susseguono mantengono lo stesso ritmo, che non si può certo definire incalzante. Nonostante ciò, il film si lascia seguire con facilità (di certo non mancano scene di puro riempimento o di lunga durata, che potevano essere tagliate o, comunque, ridotte). La storia viene rappresentata con una fotografia basata sul bianco e nero, che diventa a colori solo quando vengono mostrati i ricordi dei diversi personaggi inerenti a Frantz o quando si tratta di un momento significativo ai fini della narrazione. L’uso di questa tecnica è molto interessante e utile, in quanto rende chiara anche la divisione tra passato e presente: lo stacco netto è netto, anche se i colori utilizzati sono poco sgargianti. Ozon ha sorpreso positivamente il pubblico in sala utilizzando riprese in primo piano (e non solo ovviamente) volte a sottolineare le emozioni provate dai due protagonisti e a rendere palpabile la tensione che si presenterà tra loro nel corso del racconto. La colonna sonora, ricca di piccole e sottili sfumature, accompagna alcune scene in base al contesto, mentre in altri casi è completamente assente. Pierre Niney è Adrien, colui che - dichiaratosi amico di Frantz - entra lentamente nel cuore della famiglia del deceduto, provocando non pochi problemi a suo padre (tedesco fino al midolo) e alla sua promessa sposa Anna (più incline ad aprirsi verso i francesi). Niney ricopre il ruolo a lui affidato con grande maestria e basa la sua prova d’attore su sguardi e mimica facciale, riuscendo a far sì che il pubblico riesca a immedesimarsi nel suo personaggio e che comprenda così il dolore da egli provato. Ma non solo, perché le poche parole che escono dalla sua bocca celano una verità difficile da affrontare per un uomo la cui fragilità è evidente. Paula Beer è invece Anna, colei che avrebbe dovuto sposare il soldato morto al fronte. Intensa, pragmatica, dolce quando serve e dura quando la testa le impone di esserlo. In tutta onestà, ci saremmo aspettati qualcosa di più dall’attrice, che ha sì dimostrato di avere delle buone basi, ma spesso risulta essere poco espressiva. A farla da padrone in questo progetto è senso dubbio il tema del senso di colpa, provocato qui da un ‘errore di valutazione’, che ha causato molto dolore e tormento a entrambi i personaggi principali. Inoltre, emerge la tematica del perdono. Chiedere il perdono è difficile tanto quanto concederlo e per farlo è necessario avere una grande forza interiore e non lasciarsi sopraffare dalle prime difficoltà, anche se non tutti ci riescono. Altro tema presente è il dolore causato dalla guerra (quindi dalla perdita di qualcuno che amiamo), ancora molto sentito nel film, ma anche il conseguente patriottismo smisurato che ne deriva (i francesi che in un locale cantano La Marsigliese, o i tedeschi che provocano Adrien in quanto straniero). Ciò diventerà un problema anche per il padre di Frantz, il quale verrà emarginato dai suoi amici poichè il francese è stato ospite in casa loro e spesso è in compagnia di Anna. Ozon lavora anche su sentimenti contrastanti che sono dettati da due parti del corpo ben distinte: il cuore e la testa. Se da una parte i protagonisti sono consapevoli del fatto che tra loro non potrà mai esserci nulla; dall’altra i due continuano a sperare che qualcosa possa cambiare in meglio. La frase dal film:
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