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Edmond
William H. Macy è uno di quegli attori di cui non ti ricordi mai il nome, ma benissimo il volto. Rugoso come la corteccia di una sequoia, bianco come il marmo, se non per dei glaciali occhi azzurri che ce lo fanno credere sempre un tipo calmo e riflessivo, uno di quelli che metabolizza le delusioni quotidiane in silenzio, senza ribellarsi.
E così c'è chi se ne approfitta scambiando la cortesia per debolezza, senza sapere che il vaso, goccia dopo goccia, sta per traboccare…
Come tutti i giorni Edmond esce dall'ufficio per tornare a casa. Lungo la strada si ferma per farsi leggere il futuro con le carte. Ascoltatone l'esito, la svolta: basta con quella vita, si cambia.. Va' dalla moglie per lasciarla, dopodiché si avventura per le strade della sua città armato di tanta rabbia repressa e un coltello…
A metà tra "Fuori orario" di Martin Scorsese e "Un giorno di ordinaria follia", Edmond è un film brutale, scomodo, scorretto. In poche parole: tremendamente affascinante. La sceneggiatura è del grande David Mamet, già autore, tra l'altro, di "Il postino suona sempre due volte", "Gli intoccabili" e "Ronin".
Edmond è prima di tutto un film americano. Lo è il suo protagonista, emblema di quel gruppo di persone che si è scocciato di dover pensare bene e comportarsi di conseguenza.
All'inizio della sua "nottata" Edmond confessa i propri problemi ad un uomo al bar. "Un bel rapporto sessuale risolverà tutto" a suo dire. E così la ricerca dell'appagamento sessuale (ne abbiamo conferma con l'enigmatico finale) diventa il filo conduttore del suo personale viaggio verso gli inferi (che scopriremo non esser tali per lui).Un percorso allucinato, dove la voglia di combattere l'ipocrisia e i luoghi comuni con cui lo hanno educato va' oltre ogni limite. Edmond per combattere quelle paure a suo dire"immotivate" semina terrore e se qualcuno usa su di lui la forza, gli risponde con la violenza. Cerca attenzione, trova indifferenza. Vuole controllo, vaga nella confusione. E quella sicurezza in grado di calmarlo che invoca in ben due occasioni finisce per trovarla lì dove non si sarebbe mai aspettato di trovare.
Stuart Gordon, che nel passato aveva fatto diretto soprattutto film horror, firma una regia tesa, angosciante, perfetta per tenere col fiato sospeso lo spettatore fino alla fine. La lunga scena nell'appartamento della cameriera Julia Stiles concentra tutte queste peculiarità riuscendo a raggiungere un apice di suspance degna di tanti, celebrissimi, film di paura.
Il film è stato presentato a Venezia, ma nella selezione minore "Orizzonti". Che dietro alla scelta ci sia il timore che un film così "politico" potesse vincere qualche premio ed attirare troppa attenzione tra i mass-media, è quasi una certezza.
La frase: "Abbiamo lasciato uscire la vita da noi stessi".
Andrea D'Addio
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