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Racconti da Stoccolma
Anche tra le pieghe della tranquilla socialdemocrazia svedese si nascondono brutalità, soprattutto contro le donne ma pure contro l’omosessualità maschile. Tanto è vero che "Racconti da Stoccolma" raccoglie tre episodi realmente accaduti, e Anders Nilsson (insieme al produttore Joakim Hansson) prima di allargare il discorso al contesto sociale ha scritto il testo partendo da un presupposto affettivo e domestico: "quello che più spaventa la gente – sostiene il cineasta - non sono guerre, malattie, serial killer, mostri, ma è una minaccia che proviene dalle persone amate".
Alla Settima Arte Nilsson si è dedicato in maniera multiforme, con decine di film in alternata veste di sceneggiatore, tecnico del suono, montatore, regista di seconda unità, direttore della fotografia, oltre a realizzare cortometraggi e firmare co-regie. Per quest’ultima opera ha preso le mosse dalla constatazione che tale piaga si manifesta nelle comunità di appartenenza come in casa, e riguarda ogni cultura, religione, ceto. Ad essa si contrappongono le insufficienti misure delle autorità competenti, e di conseguenza un tasso di denunce molto basso da parte di chi subisce soprusi fino al rischio della vita. La prospettiva della pellicola è proprio quella delle vittime del branco omofobo o - a causa di libertà e talenti femminili vissuti dagli uomini come insopportabili - di mariti e di genitori (con interi clan familiari coinvolti, direttamente o in quanto omertosi, in "delitti d’onore"); vittime che devono poi far fronte, inoltre, ai sospetti e all’ostilità corporativa nell’ambiente in cui i loro carnefici trovano copertura. Le tre vicende sviluppano forte tensione - sebbene l’episodio al maschile sia il più debole – e trovano sfogo nel coraggio della ribellione. Soffrendo però di impianto televisivo, interpretazioni non tutte all’altezza, macchinosità. Al 57° Festival di Berlino il film ha vinto il Premio Amnesty International – organizzazione che dal 2004 porta avanti la campagna "mai più violenza sulle donne" – ed ha una fruibilità legata più alla valenza di denuncia che a meriti artistici.
La frase: "c’è stata una rivoluzione nella casa delle bambole".
Federico Raponi
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