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Non avere paura del buio











Ci sono porte che non andrebbero mai aperte. L'ultima a ricordarcelo per benino è stata Coraline, qualche anno fa: e i bambini di oggi ormai lo sanno bene, altroché. Perciò, davanti alla piccola Sally di questo Non avere paura del buio, qualche dubbio sorge spontaneo: da quando è il caso di ascoltare le voci distorte e inquietanti che sorgono da una cantina buia, bimba? Non sai che le sibilanti creaturine che ti chiedono di giocare hanno intenzioni probabilmente pessime? Ebbene, nel carrozzone allestito da Guillermo Del Toro questi e altri dilemmi di genere vengono risolti in modo non sempre impeccabile. Stavolta il regista de Il labirinto del fauno e Hellboy s'è limitato a sceneggiare e produrre, cedendo il posto dietro la macchina da presa al pressoché esordiente Troy Nixey (già affermato fumettista). E la responsabilità di una serie di leggerezze diventa di fatto difficile da attribuire all'uno o all'altro: se da un canto gli spunti narrativi e le suggestioni visive in apertura, efficacemente caratterizzate, contribuiscono presto a creare l'atmosfera ideale per la più tradizionale fiaba dell'orrore, dall'altro il film è destinato a deludere. Nonostante fotografia e colonna sonora ce la mettano tutta a creare l'immaginario gotico più adatto, infatti, Non avere paura del buio non mantiene ciò che promette: salti sulla sedia ne regala, è vero, ma mai una genuina suspance costruita ad arte. Il progetto adatta per il grande schermo l'omonimo prodotto televisivo anni '70 che, a detta del cineasta messicano, gli ha terrorizzato l'infanzia. La versione originale aveva per protagonista un'adulta: qui l'eroina ha otto anni e una giustificatissima sindrome da abbandono, che con la chioma inverosimilmente corvina e due occhiaie emo ci traghetta verso lo stereotipo. Non che questo sia necessariamente un male: solo se associato a una storyline fiacca, forse, affossa il risultato. Ed è questo il caso, purtroppo. Le fameliche fatine dei denti che tentano di catturare Sally, poi, sono realmente spaventose solo se off-screen: nel momento in cui, disvelate, ci appaiono in tutta la loro fotofoba deformità, saremo portati a riderne nostro malgrado. Fanno quasi tenerezza, i parassiti zannuti, eccetto in poche sequenze benedette (quella che introduce l'assalto in vasca da bagno, ad esempio). E la comicità involontaria non aiuta mai l'horror, va da sé: i brividi della sequenza iniziale non sono destinati a ripetersi.
Non c'è niente da fare, in certe case infestate più che un Acchiappafantasmi servirebbe del buon topicida.

La frase:
"Vogliono essere miei amici, ma sono orribili. E cattivi".

a cura di Domitilla Pirro

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