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Dark water
Il regista brasiliano Walter Salles, recentemente responsabile de I diari della motocicletta (2004), torna dietro la macchina da presa debuttando a Hollywood con un prodotto decisamente insolito, considerati i suoi trascorsi cinematografici: il remake di Dark water (in patria Honogurai mizu no soko kara, letteralmente Dal profondo dell'acqua torbida), basato su una breve storia di Koji Suzuki, horror diretto nel 2002 da quell'Hideo Nakata che, grazie al giustamente pluriosannato The ring (1998), ha imposto sulla scena del cinema asiatico e della cultura pop il J-horror, ovvero l'horror giapponese.
Il Premio Oscar Jennifer Connelly veste i panni della giovane divorziata Dahlia Williams, la quale, in causa con l'ex marito per ottenere la custodia della figlioletta Ceci, interpretata da Ariel Gade, finisce per andare a vivere con lei in un appartamento all'interno di un fatiscente condominio di periferia, dove, oltre a notare sul soffitto della camera da letto una dilagante macchia di umidità, trova una piccola borsa rossa che sembra essere appartenuta ad una bambina scomparsa da tempo. Una bambina che comincia ad apparire sulla strada di Dahlia e Ceci, mentre misteriosi rumori provengono dal desolato serbatoio e dall'ascensore, la quale, inimmaginabilmente, rappresenta per loro un pericolo.
Prodotto da William Mechanic, Doug Davison e dallo stesso Roy Lee che già si era occupato dei rifacimenti a stelle e strisce di The ring e The grudge, questo nuovo Dark water, che si svolge nella New York odierna, con un cast di tutto rispetto che comprende Tim Roth, Dougray Scott e Pete Postlethwaite, rispecchia fedelmente l'opera nakatiana, anche se i fan incalliti dell'ondata gialla lamenteranno alcune piccole modifiche apportate dallo script di Rafael Yglesias (La vera storia di Jack lo squartatore-From hell), come la conclusione leggermente diversa e la mancanza della sequenza in cui Ikuko Matsubara (così si chiama Ceci nell'originale) scorge i piedi della bimba-spettro mentre gioca a nascondino. Salles, insospettabilmente, supportato dalla bella fotografia di Affonso Beato (Tutto su mia madre) e dalla fondamentale colonna sonora di Angelo Badalamenti (Mulholland drive), costruisce una efficace ed avvolgente atmosfera, rispecchiando la cupa tradizione del Sol Levante, all'interno di cui non vi è spazio per creature mostruose ed effetti splatter da moderno teen-horror, in quanto ci troviamo dinanzi ad un dramma familiare a sfondo psicologico, caratterizzato dall'ossessiva presenza dell'acqua, che soltanto la sensibilità di un romantico autore orientale avrebbe potuto trasformare allegoricamente in ghost-story. Il sentimento di abbandono che alcuni figli provano nei confronti degli irresponsabili genitori che li trascurano ed i sacrifici che le mamme spesso sono costrette ad affrontare per loro sono, quindi, ancora al centro di Dark water, ed è curioso vedere in che modo, tra spaventi improvvisi e tensione emotiva, il regista riesca a regalarci un elegante prodotto, sicuramente più adatto ad una fruizione occidentale rispetto al capostipite.
La frase: "Fermati!"
Francesco Lomuscio
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