Dall'altra parte del mare
Il dovere del ricordo, basato sulla testimonianza e senza spettacolarizzazione: "niente da dire, i fatti bastano e avanzano" dice il regista teatrale cui la città di Trieste ha commissionato uno spettacolo per la "giornata della memoria". Lui sceglie, quale materiale di partenza, il dramma di un uomo e una donna, ebrei polacchi, reduci dal campo di sterminio di Auschwitz. Si ispira quindi, dapprima, al libro "Shiviti" di Ka-Tzetnik 135633, sigla autoriale che unisce la pronuncia tedesca delle iniziali di "campo di concentramento" e il numero di matricola tatuato sul braccio (in realtà si chiama Yehiel, e il cognome Finer è poi divenuto De Nur quando si trasferì in Israele). Il testo racconta una rievocazione vissuta un trentennio dopo, quando De Nur accettò di provare una terapia all’LSD per rivivere l’orrore del lager e lasciarselo alle spalle. L’altra fonte è Tosca, una sopravvissuta sulla quale la protagonista Clara aveva girato un documentario anni prima, intervistandola a Parigi dove entrambe vivevano ed erano divenute amiche.

Già sceneggiatore, produttore, editor per la Caro Film, curatore del Net Independent Film Festival e supervisore del progetto Neche, sito web di cinema, il regista Jean Sarto (sta per Giancarlo Sartoretto) pone il dilemma sull’opposto approccio tra chi, per assolutizzare la tragedia in una rappresentazione, vuole affrontarla attraverso l’esperienza singola, e chi invece punta sull’universalità per immagini, frammenti di teatro, lettura àtona di testi. Sarto, in una messa in scena povera, minimale e rispettosamente quieta, opta per un percorso personale di superamento di un passato doloroso che permette di arrivare "Dall’altra parte del mare", lascia l’iniziativa agli attori e ad interpretazioni quasi improvvisate, gravita infine intorno a due luoghi importanti come la Risiera di San Sabba, uno dei principali campi nazisti di prigionia in Italia, per di più l’unico dotato di un forno crematorio, e l’ex ospedale psichiatrico San Giovanni (è nei manicomi che il regime hitleriano avviò i primi terribili esperimenti di annientamento).

La frase: "Chi non vuole combattere con la realtà deve combattere con i fantasmi".

Federico Raponi

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