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Closed spaces
Unghie laccate di nero, la ventenne Vika (Mariya Mashkova) veste sempre di rosa ed è costantemente depressa, fino al giorno in cui, effettuando una consegna per la pizzeria in cui lavora, si trova davanti Venya (Leonid Bichevin), strano coetaneo che, sofferente di agorafobia, paura degli spazi aperti, vive solo in un appartamento abbandonato nel centro di Mosca, dove chiude insieme a lui la ragazza.
Diretto dall’esordiente Igor Vorskla, da questo esile soggetto prende il via "Zakrytye prostranstva" (come s’intitola in patria il film), primo film russo riguardante la misteriosa (sotto)cultura "emo", la quale trae le sue radici dalla scena hardcore punk e indie rock americana degli Anni Ottanta ed appare quale risultante di un ultimo instabile ventennio caratterizzato da adulti ossessionati dal denaro e da un’apatica vita senza senso. Una cultura i cui rappresentanti, tra jeans stretti e cinture con borchie, sfoggiano una ferma tendenza autolesionista accompagnata da un atteggiamento narcisistico, finendo per rappresentare l’altra faccia di una generazione vuota e confusa il cui principale volto è incarnato dai più estroversi e popolari adolescenti trendy.
Non a caso, è attraverso l’introduzione di personaggi bizzarri, a partire dai due protagonisti, che il regista tenta di trasferire su pellicola l’animo di fondo di questo curioso universo, sicuramente pane per i denti di qualsiasi psicologo e sociologo di massa.
E, mentre pone in evidenza la difficoltà da parte di determinati soggetti nel distinguere l’amore dall’attrazione sessuale e l’erotismo dalla pornografia, arrivando perfino a far affermare a uno degli interpreti che la gelosia sia una delle qualità umane più disgustose, non dimentica d’infarcire l’insieme con dosi d’indispensabile ironia, soprattutto verbale.
Anche se, al di là di un ritmo narrativo discretamente sostenuto, un certo taglio sperimentale, conferito in particolar modo dall’inserimento di surreali immagini a metà strada tra il videoclip e il viaggio onirico, ci spinge a consigliare la visione del film soprattutto agli amanti della videoarte e ai seguaci dell’argomento raccontato. I quali, con ogni probabilità, ne rimarranno tutt’altro che annoiati.
La frase:
- "Avresti voluto che morissi?"
- "Non avrei detto di no"
Francesco Lomuscio
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