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Chloe - Tra seduzione e inganno
Il tarlo del dubbio del tradimento come sintomo della crisi di una passione. Rifacimento del film "Nathalie", "Chloe" sposa il punto di vista della protagonista, moglie animata da una confusa agitazione.
La quale, più che vera e propria gelosia, esprime una dinamica interiore lenta, tormentata e progressiva di rimessa in discussione - fino a un tragico scossone - del proprio sentimento di coppia. Questo avviene in un lungo matrimonio che era iniziato con un forte desiderio ("facevamo l'amore tre volte al giorno"), ha generato un figlio ed ora si trascina tra lontananze, abitudine, silenzi e freddezza le cui responsabilità sono reciproche. Come anche i fraintendimenti che ne stanno alla base, finalmente emersi in un confronto decisivo.
L'unilateralità che quindi una prospettiva del genere comporta è chiarita subito in apertura, con la lezione del coniuge/docente universitario sul Don Giovanni seguita, nella vita sociale, dai suoi modi di fare simpatici e seducenti nei riguardi delle allieve e delle giovani figure femminili in generale, in modo del tutto naturale anche davanti alla consorte. Tra l'altro le rispettive professioni sono indicative, in quanto la donna - di contro - è una ginecologa che parla di sesso e orgasmi con le pazienti, mentre nel privato non vive più il contatto fisico col marito.
Per la sceneggiatura, il produttore Ivan Reitman ha contattato Erin Crewssida Wilson (apprezzata autrice della scrittura di "Secretary"), affidando poi la regia ad Atom Egoyan. In un inanimato lusso altoborghese di rade presenze, l'intero impianto drammaturgico grava su una Julianne Moore che sul volto e nei movimenti sa mettere in scena le contorsioni psicologiche e la tensione erotica del personaggio. Il dipanarsi della storia e gli altri ruoli si rivelano però fallimentari, i dettagli (lo smalto rosso sulle unghie, la forcina per capelli) sono di un sottolineato presagio, e soprattutto la riscoperta della corporeità e del piacere ha la moralisticamente ambigua valenza di una prostituta d'alto bordo, della psicopatologia e della violenza fatale.
La frase: "Non so se sentirmi sollevata o andare ad impiccarmi".
Federico Raponi
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