Cafè Noir
Il famoso critico cinematografico Jung il Sung, considerato la versione coreana del regista, attore e critico cinematografico Francois Roland Tuffaut (Parigi 1932 -1984), che ha recensito per più di venti anni film di ogni genere, ora diventa regista! In tutti questi anni ha lavorato con passione e dedizione realizzando festival cinematografici al fine di far conoscere le pellicole straniere ai suoi connazionali, arrivando a scoprire artisti di talento, come i cineasti Hong Sang – Soo e Kim Ki – duk, ora presenta al Lido di Venezia un film non in concorso, intitolato: "Cafè Noir". Questo primo lungometraggio risente moltissimo della cultura e dello spirito coreano, soprattutto a livello di ritmo decisamente molto lento, la cui durata è di circa 195 minuti. La finalità di questo film comunque è spiegata dal regista all’interno dell’opera ed è quella di educare i ragazzi e le ragazze alla letteratura straniera. E’ composto da due storie liberamente ispirate a due grandi opere letterarie straniere: "I dolori del giovane Werther" di Johann Wolfgang von Goethe (Francoforte 1749 – Weimar 1832) e "Le notti bianche" di Fëdor Michajlovič Dostoevskij (Mosca 1821 – San Pietroburgo 1881). Il film però non è solo diviso in due storie, ma al suo interno è suddiviso in ipotetici "capitoli" rappresentati da pagine scritte, che introducono un nuovo quadro. Si potrebbe parlare di medio - metraggi uniti insieme da un filo narrativo principale, che fa da trait d’union dell’opera, ma non è solo la storia a legare il tutto, anche alcuni personaggi e soprattutto la città. Tutto accade a Seul, una città che diventa personaggio, di cui si scoprono anche gli angoli più suggestivi e sconosciuti, la telecamera spazia da Namsan, al ruscello Cheonggye, al fiume Han e alla City Hall, attardandosi in carrellate sulle strade della città, e solo una musica sommessa accompagna queste panoramiche e vedute metropolitane. Tutto avviene qui, alla vigilia di Natale, quando un giovane insegnante elementare, Young–soo, viene lasciato da Mee–yeon, madre di una delle sue alunne, perché il marito è tornato in patria dopo un lungo periodo all’estero. Il professore è distrutto, la sua volontà è annientata e a nulla valgono le avance di una sua collega, follemente innamorata di lui e che, per uno strano caso del destino, ha lo stesso nome della sua amante. La giovane insegnante delusa, rabbiosa e gelosa cerca di allontanare Young-soo dalla sua amante e per farlo scrive lettere anonime al marito della donna, creando scompiglio nella famiglia della giovane allieva, che, nonostante l’età, si rende perfettamente conto della situazione. Yung-soo decide di partire ed ecco che inizia la seconda parte, in cui il protagonista incontra la giovane Sun–hwa, che aspetta il suo amore che le ha promesso di tornare dopo un anno e sposarla. Sun-hwa è disperata perché l’anno è ormai trascorso e colui che attende disperatamente non sembra tornare, così, dopo essersi confidata con Yung–soo in un caffè, decide di partire con lui, ma... E’ un racconto sentimentale, con riferimenti più o meno espliciti e omaggi a grandi cineasti coreani come Park Chan–wook, Bong Joon-ho, Hong Sang-soo e Kim Ki-du attraverso i dialoghi e le azioni dei personaggi. "Cafè noir" è un’opera estremamente simbolica, cosa che appare evidente fin dalla prima scena, in cui vediamo una bambina, che poi scopriamo essere la figlia di Mee–yeon, recitare il "Pater Noster" dentro a un fast food e divorare piangendo un panino. E’ un raffinato gioco di citazioni cinematografiche, carico di simbolismo e di ricordi, di frasi ripetute. Il film tocca molti temi nel rappresentare diversi tipi d’amore e le sue conseguenze, per fare una breve carrellata: dalla relazione extraconiugale, a quello disperato perché rifiutato, dal passionale, alla gelosia, rabbia e tradimento, dall’attesa dell’amato fino alla felicità per il coronamento del sogno e del desiderio e infine il rapporto sentimentale fra genitori e figli a volte conflittuale. E’ interessante notare la scelta stilistica del cineasta, che sottolinea la separazione fra le due storie attraverso l’utilizzo o meno del colore. Nella prima parte i colori sono opachi e tendono ad essere smorzati, rappresentando lo stato di turbamento e infelicità del protagonista, fino a lasciare il posto al bianco e nero nella seconda parte, forse ad indicare lo stato di profonda frustrazione di Yung- soo, che vive la separazione come una notte eterna dell’animo da cui non riesce a riscuotersi. Il finale della pellicola è ovviamente a sorpresa e caratterizzato da colori sgargianti e vivaci.

La frase: "Vivere è esattamente questo, rialzarsi l’ottava volta dopo che si è caduti per sette volte".

Federica Di Bartolo

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