Buried - Sepolto
C’è chi ha un atteggiamento più understatement e c’è chi invece, come si dice in gergo, se la canta e se la suona. Alla seconda categoria appartiene certamente Rodrigo Cortés, il regista di "Buried – Sepolto" che si è lasciato andare a un catalogo di apprezzamenti entusiastici sul suo secondo lungometraggio dichiarando compiaciuto che è "un grande film", possiede "una sceneggiatura brillante", narra di "una storia fantastica... di grande suspence" e lasciando intendere che il suo cinema è molto vicino ai lavori del geniale e indimenticato Hitchcock. E qualcuno ci è anche cascato, poiché sulla locandina promozionale troneggia una didascalia proveniente dagli Stati Uniti che recita: "Un thriller intelligente pieno di colpi di scena... che renderebbe orgoglioso Alfred Hitchcock". A modesto parere di chi scrive, Sir Alfred non solo non sarebbe orgoglioso ma probabilmente si starà rigirando nella tomba per essere stato accostato a Cortés, il cui stile si distacca piuttosto nettamente dalla cifra stilistica del maestro inglese che manteneva la tensione emotiva altissima centellinando lo shock visivo dietro un’apparente normalità assoluta.
Fatta questa doverosa e necessaria premessa, diciamo subito che il film non è poi così male. L’idea alla base è semplice e le idee immediate spesso sono quelle più efficaci: un uomo americano di nome Paul Conroy (Ryan Reynolds, noto alle cronache per essere il marito di Scarlett Johansson) si risveglia in territorio iracheno sepolto vivo in una cassa di legno contenente un telefono cellulare, un accendino (product placement del marchio Zippo, ndr) e una matita; dovrà capire come è finito lì dentro, ma soprattutto come fare ad uscirne. La forza della pellicola – forse, per alcuni, un limite – è che i suoi 90’ circa di durata sono sviluppati interamente nella penombra dei pochi (a volte...) metri della cassa: senza dubbio un merito quello di essere riusciti a intrattenere lo spettatore in condizioni tanto estreme e insolite. Nella curiosa rappresentazione vanno in scena il terrore in diretta dell’uomo che teme di non riuscire a sopravvivere (convincenti le tecniche di ripresa utilizzate, in particolare gli zoom sul volto sofferente), un po’ di retorica a stelle e strisce (le colpe della guerra pagate dagli innocenti, le istituzioni che cercano di insabbiare la verità o il cinismo delle aziende nella telefonata con il direttore del personale) e alcuni episodi gratuiti inseriti per vivacizzare l’azione (il serpente e il dito mozzato). Resta intensa una perplessità che aleggia durante e dopo la visione: ma chi ha sotterrato l’uomo, per ottenere quello che desiderava, non avrebbe fatto meglio a segregarlo in superficie?
In definitiva, "Buried" è un esperimento coraggioso e interessante, ma se vi aspettate di rivivere quelle atmosfere hitchcockiane tanto pubblicizzate rimarrete a vostra volta seppelliti dalla delusione.
La frase: "Cinque milioni, o rimani lì. Sepolto".
Nicola Di Francesco
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