Babylon A.D.
Mondo alla deriva. In pochi hanno ascoltato la pubblicità e acceso il presente per illuminare il futuro, e così ci si trova in una società alla deriva dove le baracche sono la casa comune per tutti (compresi buona parte degli occidentali) e la giustizia la si fa a colpi di pistola. Un domani lontano? Non troppo.
Se vi viene subito in mente uno a caso tra "Blade Runner", "Fuga da NewYork" o "I figli degli uomini", siete giustificati. C’è un po’ di tutti questi film in Babylon AD, sesta regia di quel regista e attore Mathieu Kassovitz che, dopo il successo di critica de "L’odio", e quello di pubblico de "I fiumi di porpora", non ha più convinto né l’uno né l’altro. E, purtroppo, non lo farà neanche con questo film, anche se potrà dividerne le colpe con i produttori. Kassovitz ha da tempo negato la paternità del film, quasi boicottandolo, tanto è stata, a suo dire, l’ingerenza dei suoi capi in fase di montaggio.
Il finale, davvero appiccicato, è emblematico in tal senso (pare che sia stato tagliato un quarto d’ora abbondante che avrebbe dato tutt’altro significato al film. Anche perché è impossibile pensare che quello che è stato lasciato sia il frutto della creatività di qualcuno).
E così, quello che poteva comunque essere un onesto film di azione dalla sceneggiatura piuttosto esile, è diventato un accrocco di scene d’azione mal tenute assieme da una storia che lancia tanti lacci, senza annodarne nessuno. Al di là di queste critiche, si può senz’altro affermare che "Babylon AD" è un film che intrattiene, non annoia e ha alcune scene piuttosto interessanti e adrenaliniche. Il richiamo alle scenografie di Blade Runner con la pubblicità sui palazzi e l’automobile scassata tipo Figli degli uomini (ma quasi tutta la storia sembra una scopiazzatura del film di Alfonso Cuaron) sono validi e d’effetto al di là della citazione, gli inseguimenti nel locale e sulla neve sono ben ritmati e i muscoli di Vin Diesel si piazzano quasi sempre al posto giusto (anche se l’idea che sia sprecato in questi ruoli e che sia un ottimo attore anche drammatico permane). Passare sopra la pessima sceneggiatura è impossibile, è vero, ma dietro è possibile intravedere qualche luce. La verità è che sarebbe divertente vederne una versione director’s cut: quella sì che potrebbe diventare cult, anche solo per osservare le differenze tra ciò che era (in mente) e ciò che è diventato. Un pò come "Blade Runner", ma in piccolo logicamente, molto piccolo.

La frase: "Ragazza, io sono solo un fattorino e tu sei solo un pacco da consegnare. Non sono tuo amico, non sono tuo fratello, non sono il tuo ragazzo, fra sei giorni ti consegnerò e non mi vedrai mai più. Sorella Rebecca ha ragione, non dovrei neanche parlarti".

Andrea D’Addio

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