Another Me
Ispirato al romanzo omonimo di Cathy MacPahil è un’opera che trattiene in sé diverse anime e un unico stile, ma che sembra lentamente perdere se stessa e la sua identità. E’ in primis un noir, un thriller piscologico, che omaggia o cerca comunque di seguire elementi e linee guida dai grandi classici filmografici come quelli di Alfred Hitchock, caratterizzata da una narrazione doppia e un simbolismo quasi eccessivo.
E’ un’opera lucidamente perfetta a livello scenografico e fotografico, le atmosfere sono soffuse quasi surreali, fatte di giochi di luce fra spazi aperti dominati dalla nebbia e l’oscurità di sottopassaggi dimenticati. Lo spettatore viene catapultato da subito all’interno della narrazione, senza incipit, tutto è solare, ma in breve tempo le atmosfere si fanno cupe, horror, surreali, ma soprattutto dark in linea con i sentimenti della protagonista. Lei la giovane teenager Fay, interpretata da una brava Sophie Turnes, la sua vita è solare e felice, i genitori si amano, ma quando il padre scopre di essere affetto da sclerosi multipla, il dolore e la disperazione si riverberano nel paesaggio che si fa più cupo, carico di ombre e soprattutto dominato dal gelo e dalla nebbia. Le linee sono sfocate, tutto appare come sospeso nel tempo, ma qualcosa non torna, qualcuno sta cercando di spaventarla; Fay si sente braccata, inseguita e perseguitata da qualcun che le assomiglia, la paura e l’angoscia la dominano ed ecco che inizia il simbolismo di vetri rotti, luci traballanti. Il film assume gli stilemi del thriller, il dubbio si fa strada lento e inesorabile, la paura e la solitudine l’attanagliano. Le persone non le credono, si fa strada nello spettatore l’idea che la giovane Fay, stia diventando schizofrenica anche a causa dei continui incubi, ma improvvisamente si scopre che Fay ha una sorella gemella, Layla morta al momento del parto.
Il film si veste di soprannaturale ed è qui che qualcosa si spezza nella sua armonia e scardina l’opera facendola disperdere, e contaminandola di elementi decisamente poco credibili che minano e distruggono l’opera. Non c’è nulla da fare, se dal punto di vista estetico il gusto e lo stile della regista Isabel Coixot permangono, il resto è perduto.
Il tanto atteso “Another Me”, interpretato da un cast importante come Sophie Turner, Rhys Ifans, Claire Forlani, Gregg Sulkin, Leonor Watling, Jonathan Rhys Meyers e la leggendaria Geraldine Chaplin, è un vero e proprio buco nell’acqua, che, con lo scorrere della storia, diventa sconclusionato e perde la doppiezza iniziale così intrigante.
C’è sconcerto, soprattutto per il finale, che perde di potenza e diventa lacunoso e privo di realismo e interesse.
La frase:
"Il dolore rende me più forte e rende te più debole".
a cura di Federica Di Bartolo
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