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Ammore e malavitaLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato06 settembre 2017Voto: 7.0
In Concorso alla 74a Mostra d’Arte del Cinema di Venezia, “Ammore e Malavita” dei Manetti Bros. rappresenta una sorta di novità per il cinema nostrano presentato ad un Festival internazionale, trattandosi di un musical. Ambientato a Napoli e interpretato tra i tanti da Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Giampaolo Morelli e Serena Rossi, il film vede protagonista Ciro. Quest’ultimo è un temuto killer che, insieme a Rosario, è una delle due “tigri” al servizio di don Vincenzo e della sua astuta moglie, donna Maria. Fatima è una sognatrice, una giovane infermiera. Due mondi in apparenza così distanti, ma destinati a incontrarsi, di nuovo. Una notte Fatima si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato: a Ciro, infatti, viene dato l’incarico di sbarazzarsi di quella ragazza che ha visto troppo, ma le cose non andranno come previsto quando si troveranno faccia a faccia.
La commedia musicale dei Manetti Bros. è in linea con lo stile adottato nel loro precedente film “Song’e Napoli”, anche se in questo caso i due registi hanno voluto osare ancora di più. Divertente e vicino ai film di genere, è in grado di indirizzare il pubblico verso alcune riflessioni sociali, nonostante talvolta risulti fin troppo prolisso. È bene ricordare che i due registi non hanno mai abbandonato i linguaggi tipici del cinema popolare, ma anzi ne hanno fatto la loro forza, o almeno ci hanno provato. In “Ammore e Malavita”, infatti, il risultato finale è apparso esageratamente sopra le righe, anche se l’ambientazione - Napoli - è adatta al registro da loro utilizzato. Definito il “La La Land italiano”, il film musicale prende ispirazione dal più celebre musical del 1978, “Grease”. Ottime, studiate nei dettagli ed esilaranti le coreografie (azzeccano tempi e ritmi) ballate da tutti i personaggi presenti nella pellicola, a partire da Claudia Gerini, la donna del boss, e Serena Rossi, la giovane innamorata. Si nota, infatti, un buon affiatamento tra i membri del cast, sia durante le scene meno dinamiche o comunque poco incisive - nel film sono anche presenti lunghi dialoghi e scene d’azione, che si alternano con le musiche, le cui parole sono state riscritte appositamente per “Ammore e Malavita” - sia per quanto riguarda la parte più creativa, quella cantata e ballata. A colpire in particolare modo è l’inizio del lungometraggio dei Manetti Bros., di quello che sarebbe potuto essere un capolavoro se solo potessimo basarci soltanto sulle prime scene. Se da una parte la trama è interessante (se non altro perché è qualcosa di nuovo nel cinema italiano) e i registi delineano una realtà ben definita, dall’altra emergono molti difetti a livello di regia: non è chiaro, infatti, il motivo per cui i Manetti abbiano intenzionalmente deciso di puntare all’eccesso, mostrando scene a dir poco grottesche e per nulla necessarie, o meglio, che potevano essere sviluppate in maniera più sobria. Eppure, nonostante questo, la pellicola colpisce l’occhio e il cuore del pubblico, che ride, ne resta affascinato e si emoziona con i protagonisti della storia, tutti perfettamente in parte e credibili, ma soprattutto divertenti. L’emozione che potrebbe raggiungere lo spettatore è anche merito della sublime colonna sonora, che vanta anche la presenza di una cover di “What a feeling” (“Flashdance”). “Ammore e Malavita” è un buon prodotto, realizzato in chiave “dark”, che manca però di un maggior rigore e cinismo. Da notare è anche la mancanza parziale di un vero e proprio equilibrio tra gli elementi che compongono la pellicola musicale, come se i registi avessero messo troppa carne al fuoco e si fossero persi tra i vari generi: dal kitsch televisivo e dialettale alla sceneggiata napoletana, dal crime movie al musical. La frase dal film:
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