Alex Cross
Nato dalla penna dello scrittore newyorkese James Patterson, il personaggio del detective e profiler della polizia di Detroit Alex Cross era già stato portato sullo schermo ne "Il collezionista" (1997) di Gary Fleder e "Nella morsa del ragno" (2001) di Lee Tamahori, presentando in entrambi i casi le fattezze di Morgan Freeman.
E’ invece il televisivo Tyler Perry a incarnarlo in questa trasposizione cinematografica del romanzo "La memoria del killer" che, diretta dal Rob Cohen autore di "Daylight - Trappola nel tunnel" (1996) e "Fast and furious" (2001), riporta Cross alle proprie origini per porlo a capo delle indagini legate al ritrovamento del corpo orrendamente mutilato di una donna.
Indagini che lo vedono affiancato dal partner e amico Tommy Kane alias Edward Burns e dalla neo collega Monica Ashe, cui concede anima e corpo la Rachel Nichols di "G.I. Joe - La nascita dei Cobra" (2009); man mano che il pericoloso serial killer che intende arrestare, Picasso ovvero Matthew Fox, prende di mira Giles Mercier, proprietario di una multinazionale di Detroit interpretato da Jean Reno.
Quindi, con l’azione tutt’altro che assente già a partire dai primi minuti di visione, quello che viene progressivamente inscenato è l’iter della sfida tra l’assassino e il protagonista, costretto a spingersi oltre i propri limiti morali e psicologici nel tentare di entrare nella mente dello spietato individuo al fine di riuscire a prevedere cosa potrebbe succedere.
Sfida che, nello sfoggiare dosi di tensione che risultano discretamente distribuite durante l’ora e quarantadue totale, non solo intende ribadire che non bisogna mai sottovalutare gli altri, ma suggerisce, allo stesso tempo, di non lasciare mai quello che ci è più chiaro.
Però, sebbene la sequenza finale, con tanto di non disprezzabile scontro corpo a corpo, finisca per apparire la migliore dell’operazione, non è difficile intuire che lo spettacolo in questione, inizialmente senza infamia e senza lode, soffra di un taglio generale tutt’altro che distante da quello che caratterizza non pochi prodotti destinati al piccolo schermo.
Tanto che, oltretutto penalizzato da una spesso non convincente recitazione, si rivela completamente incapace di aggiungere qualcosa di nuovo sia alla celluloide adrenalinica che alla filmografia di Cohen, il quale, pur non essendo un maestro della Settima arte, ha saputo fare sicuramente di meglio in passato.
La frase:
"Qualcosa mi sfugge, abbiamo un francese ricco e un assassino professionista".
a cura di Francesco Lomuscio
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