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After
"'After' parla di persone che tentano di comunicare e agire in maniera normale all’interno di un mondo che non riescono a capire. Fuggono verso l’adolescenza, comportandosi come teenagers, quando la vita era ancora ricca di entusiasmo e priva di responsabilità; quando la vita riservava ancora continue sorprese".
Con queste parole, il regista spagnolo Alberto Rodríguez descrive il suo "After", co-sceneggiato dallo stesso Rafael Cobos che già lo affiancò nella stesura dello script di "7 vírgenes", precedente fatica di celluloide risalente al 2005.
Le vite di Manuel (Tristán Ulloa), Ana (Blanca Romero) e Julio (Guillermo Toledo), amici fin dall’adolescenza e che, ormai quasi quarantenni, si ritrovano alla ricerca disperata di una soluzione alla loro immensa solitudine e insoddisfazione, sebbene abbiano raggiunto tutti i traguardi necessari alla felicità intesa dalla società attuale.
Situazione che, dal momento in cui, dopo molto tempo, vede le loro strade incrociarsi di nuovo, li porta ad iniziare un viaggio verso il cuore della notte all’insegna degli eccessi, in modo da evitare la realtà.
Viaggio che, tra droga, alcool e sesso sfrenato, Rodriguez racconta ricorrendo a una struttura narrativa tutt’altro che classica, fornendo diversi punti di vista e strutturando il tutto attraverso tre ideali segmenti, da "Ladri di cadaveri" a "Laura 230", riferito al nickname di una ragazza conosciuta in chat da Julio, per concludere con "Niebla", dal nome di un cane ferito che Ana trova per la strada.
Ma, mentre la contrastata fotografia di Alex Catalán illumina a dovere lo squallido universo del "quando non batte il sole" e il Guillermo Toledo di "Crimen perfecto" trova modo di mostrarci perfino i propri attributi sessuali, la vicenda non impiega molto ad apparire noiosa e ripetitiva, nonostante la bravura degli attori e la velocità con cui si conseguono le varie situazioni.
Per approdare alla banale conclusione di circa 116 minuti che, a quanto pare, sono stati ideati prendendo spunto da una riflessione del poeta peruviano Ribeyro, il quale una volta ha detto: "La maturità è un inganno, qualcosa che si sono inventati gli adulti per giustificare e spiegare il loro mondo".
La frase: "Io non sono così e neanche tu".
Francesco Lomuscio
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