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Ad Astra

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato29 agosto 2019Voto: 5.0
 

  • Foto dal film Ad Astra
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È ambizioso il regista James Gray, che alla 76esima Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia porta il film "Ad Astra". La pellicola ha come protagonista Brad Pitt nel ruolo del maggiore Roy McBride, il quale è chiamato a svolgere una nuova missione nello spazio: partire per Nettuno, con la possibilità di ritrovare il padre Clifford, che -stando a quanto gli viene detto- potrebbe essere ancora vivo. Sì, perché sin da bambino, quando il padre lasciò la famiglia per una missione spaziale di solo andata su Nettuno, Roy ha creduto che Clifford fosse morto. Nel corso del viaggio il maggiore scoprirà una nuova minaccia per la Terra. Riuscirà il maggiore a garantire la sopravvivenza del nostro pianeta?

"Ad Astra" ha spaccato la critica in due: da una parte c'è chi ha apprezzato particolarmente il nuovo film di James Gray, dall'altra c'è chi, come noi, ha faticato a vederci un capolavoro. Andiamo per ordine. Intanto è bene dire che ad alzare il livello della pellicola è senza dubbio la regia, composta da primissimi piani intensi e contornata da effetti speciali accattivanti, incisivi e ponderati a dovere, soprattutto nelle scene finali.
Ciò che lascia perplessi è l'inserimento di un paio di avvenimenti in quanto privi di logica e di collegamenti con le scene precedenti, anche a livello temporale, tanto che portano lo spettatore a chiedersi "cosa mi sono perso nei capitoli precedenti?". Il problema di fondo sta nel fatto che queste scene avvengono così rapidamente che è facile perdere il filo conduttore, ma con il proseguo del film tutti i nodi vengono al pettine.

"Ad Astra" appare un film piatto, che non suscita grandi emozioni e immedesimazioni da parte del pubblico, per via non solo della lentezza che lo caratterizza, ma anche della fotografia composta da toni freddi, che rispecchiano anche l'interpretazione degli attori. Seppur la recitazione di Brad Pitt è ottima, il suo personaggio non trasmette empatia, non riesce ad entrare nel cuore del pubblico, nemmeno quando si assiste a scene di forte drammaticità.
La pellicola, inoltre, è spesso banale: si vedono dei momenti (pochi) che abbiamo già visto e rivisto in molti film del panorama cinematografico. Le dinamiche, infatti, seppur cambia il motivo, sono le stesse, così come il modo di affrontare emotivamente quel dato momento. Possiamo invece dire che a migliorare la situazione, dovuta alla mancata trasmissione di emozioni, è la forza della sceneggiatura. Una sceneggiatura che non lascia spazio al superfluo, che dice esattamente ciò che lo spettatore non si immagina. Questo il più delle volte, perché poi, avendo a che fare con le scene di cui sopra, anche lo scritto ne risente.


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