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Adanggaman
Ogni epoca ha la sua piaga che tristemente la contraddistingue per efferatezza e crudeltà.
Quella del diciassettesimo secolo è rappresentata, senza dubbio, dal fenomeno dello schiavismo.
Adanggaman, un re di una tribù africana, è un vero tiranno, un despota a tutto tondo. Compie periodiche razzie nei villaggi limitrofi al suo e fa prigionieri gli abitanti per poi rivenderli ai mercanti di schiavi europei. Il tutto viene eseguito dalle terribili guerriere amazzoni - rapite bambine ed addestrate alla guerra - che sono al suo servizio. Come tutti i tiranni, però, Adanggaman, è affetto da veri e propri deliri di onnipotenza che gli faranno perdere il controllo della situazione ed, inevitabilmente, il controllo del suo regno sanguinario.
Sullo sfondo di questa vicenda politica si muovono le vite degli abitanti dei villaggi razziati, le loro esistenze stroncate, la loro libertà rubata.
Il regista della Costa d'Avorio, Roger Gnoan M'Bala, confeziona un film ben pensato e girato con asciuttezza ed essenzialità nel quale tutte le componenti sono armonicamente ben equilibrate. La storia trova la sua drammaticità già in ciò che racconta e non c'è bisogno di esasperarla con scene particolarmente forti o cruente. Il regista riesce in questo, così come è molto bravo nel cogliere i colori, con le sue luci e le sue ombre, della sua Africa in una fotografia tanto creativa quanto evocativa.
Un film sulla vergogna della schiavitù fatto da un africano e si vede. Non c'è alcun bianco a fare bella figura, non c'è alcun ex schiavista che si trasfigura in una tardiva quanto poco credibile redenzione.
Das
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