Adam
Adam è un orfano quasi trentenne affetto dalla sindrome di Asperger.
Se non lo si conosce bene, sembra una persona senza alcun problema.
Ha un lavoro (per quanto minore alle sue possibilità), vive da solo in casa, non ha nessun limite di tipo fisico o dipendenza da medicinali. I disturbi di cui soffre sono simili all’autismo, seppure in una forma più lieve. Non riesce ad entrare in empatia con le persone, non riconosce i toni o metafore in un dialogo, tende ad isolarsi e vivere senza relazioni sociali che vadano al di là di un livello superficiale. La solitudine di Adam viene interrotta quando una nuova e carina vicina di casa cerca in lui un buon amico. Le cose a prima vista sembrano andare per il verso giusto, c’è persino dell’amore. E’ difficile però rimanere sullo stesso sentiero quando si viene da mondi così distanti e la rottura è, purtroppo, dietro l’angolo con tutte le conseguenze che, per una persona come Adam, ciò possono significare.
Il film scritto e diretto da Max Mayer segue i canoni classici dei film su persone con handicap (che siano fisici o mentali).
L’iniziale, triste, equilibrio viene rotto da un nuovo personaggio esterno che dà una scossa all’esistenza del protagonista, lo porta in vita, finché tutto crolla nuovamente prima di una leggera, finale, risalita. Insomma, si tratta di un lavoro piuttosto standardizzato nei suoi snodi narrativi che punta soprattutto sull’utilità divulgativa del problema di cui tratta (in quanti conoscono la sindrome di Asperger?) e sulla bravura degli interpreti. Bravo Hugh Dancy nel tratteggiare un personaggio dagli sviluppi emotivi sempre imprevedibili, altrettanto convincente l’australiana Rose Byrne vincitrice nel 2000 della Coppa Volpi a Venezia per "La dea del 067".
Manca purtroppo un pizzico di ironia, tutto viene preso in maniera troppo seria per un film che, bene o male, un documentario non è, e può fare arrivare qualsiasi tipo di messaggio anche inserendo ogni tanto qualche battuta (persino quando Adam afferma di non essere Forrest Gump lo fa in maniera così decisa che è impossibile provare a sorridere). La regia di Mayer non regala particolari sussulti, formale e precisa sia nel taglio delle scene che nella direzione degli attori. "Adam" risulta così un film eccessivamente corretto e pulito, forse utile e interessante, ma nulla più.

La frase: "Il mio libro per bambini preferito parla di un piccolo principe che venne sulla terra".

Andrea D'Addio

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