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11 Settembre 1683











Prima dell'11 settembre 2001 c'è stato un altro 11 settembre? Certo, c'è stato l'11 settembre 1973 in Cile. Va bene, ma c'è stato un altro 11 settembre che ha contrapposto occidente cristiano e oriente islamico (sospendiamo per un attimo il giudizio e glissiamo su questa palese semplificazione)? Secondo questa nuova fatica di Renzo Martinelli, sì: l'assedio di Vienna (apparentemente la data del titolo) che ha visto la rotta dell'esercito ottomano, grazie al fondamentale apporto delle forze polacche del Re Jan Sobieski III.
Questo perché, secondo lo studioso cattolico Michael Novak, questa identicità di date non è una coincidenza. Si può avere un'opinione su tutto naturalmente, ma non sui dati (anzi, sulle date) storici. La battaglia di Vienna si è svolta il 12 settembre. Questo non è peraltro il problema principale di questo film.

L'azione si svolge tra Venezia, Vienna e Costantinopoli, tutti i principali attori di questo episodio storico fondamentale sono presenti, da Leopoldo I a Kara Mustafa, passando per Marco d'Aviano, attento diplomatico in grado di riunire le nazioni cristiane contro la minaccia turca, e canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2003. Come si può capire, l'impostazione del film è fortemente ideologica e contrappone non tanto uomini, per cui si può provare pietà, ma religione. Da una parte c'è la vera luce del cristianesimo, dall'altra la falsa luce degli invasori turchi, che sarebbero persone nobili e in grado di provare alti sentimenti... se non avessero questo "problema" religioso.

Al di là dell'intento ideologico, 11 settembre 1683 è una pellicola che arranca tra dialoghi teologici, miracoli compiuti da Marco d'Aviano (interpretato da F. Murray Abraham, già intervenuto come Siniscalco Barozzi in una precedente pellicola di Martinelli, Barbarossa) e i vari interventi di comprimari di maggiore o minore carisma. Le scene di battaglia, che dovrebbero essere il punto forte, si dimostrano però deboli e stereotipate, e si prova un certo dispiacere nel vedere la partecipazione di Jerzy Skolimowski (grandissimo regista polacco, qui nel ruolo di Jan Sobieski) a una simile carneficina. Non in senso tecnico, purtroppo. L'ultima inquadratura esalta ancora una volta il vero senso del film: di fronte a un oriente barbaro, l'unica speranza risiede nel rivolgersi al simbolo della croce. Peccato che tutti siano sempre disposti a dimenticare il vero senso di quel sacrificio per ragioni che poco hanno a che fare con la fede.

La frase:
"C'è solo una vera luce".

a cura di Mauro Corso

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