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Vittorio D.
Nelle parole di Clint Eastwood era una persona davvero speciale, una sorta di Spencer Tracy italiano; in quelle di Franca Valeri un domatore che faceva sentire la sua magia; mentre il figlio Christian dichiara di essergli stato affezionato più nei difetti che nei pregi.
Come il titolo lascia intuire, è il grande Vittorio De Sica - maestro della Settima arte e autore di classici del calibro di "Ladri di biciclette" e "Umberto D." - che Mario Canale e Annarosa Morri intendono omaggiare attraverso una lunga raccolta d'interviste e immagini di repertorio, tra nostalgia e racconti non privi d'ironia.
Lunga raccolta divisa in diverse sezioni, dagli Anni Trenta all'ultimo cinema, passando per il Neorealismo, i figli (Emi, Manuel e il già citato Christian), il De Sica giocatore, il De Sica attore e il De Sica uomo; senza dimenticare l'avvincente trittico concretizzato nell'unione artistica con Marcello Mastroianni e Sophia Loren.
Lunga raccolta popolata da una quantità invidiabile d'interventi di autori e personaggi italiani e non solo, dal produttore Dino De Laurentiis all'attore Paul Mazursky, regista di "Storie di amori e infedeltà", passando per il politico Giulio Andreotti e il compianto critico Tullio Kezich; fino a Woody Allen e John Landis, che ricorda perfino "Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete", interpretato dall'immenso Vittorio sotto la guida di Paul Morrisey e Andy Warhol.
Quindi, una lunga raccolta atta in maniera coinvolgente a condurci alla scoperta e riscoperta di lati conosciuti ed ignoti di colui che, politicamente impegnatissimo, possedeva un mondo di magico realismo (con "Miracolo a Milano" tra le concrete testimonianze), a differenza di contemporanei colleghi quali Luchino Visconti e Roberto Rossellini.
Colui che andava d'accordo con il produttore Peppino Amato perché appassionato di gioco; colui che aveva uno stretto rapporto con la musica perché, come in pochi sanno, avrebbe voluto fare il direttore d'orchestra; colui che firmò "Il giardino dei Finzi Contini", a quanto pare non poco influente sullo Steven Spielberg di "Schindler's list".
Ma, soprattutto, colui che, a ben 35 anni dalla sua scomparsa, fa ancora parlare molto di se, grazie ai capolavori della celluloide che ci ha lasciato.
Perché, come viene osservato anche nel corso del documentario: l'unico vero test per un film è il tempo.
La frase: "Ho fatto il regista perché avevo bisogno di esprimere questo mio piccolo mondo interiore".
Francesco Lomuscio
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