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Vision
Carnalità della fede. Il cattolicesimo germanico dell'undicesimo secolo - secondo Margarethe von Trotta - viveva di uomini e donne mossi, con le loro virtù e debolezze, dalle passioni. Sotto la cappa di un oscurantismo in cui - come da apertura di "Vision" - c'erano gruppi che si rinchiudevano tra pareti affrescate con mostri, autoflagellandosi nella notte stabilita che avrebbe dovuto precedere la fine del mondo, e c'era chi prometteva la propria figlioletta a Dio, lasciandola in un monastero misto benedettino alle cure della badessa (di provenienza aristocratica come la bambina) quale madre adottiva. Il futuro era quindi già stato stabilito per la piccola Hildegard von Bingen, ma i segni e le premonizioni ad occhi aperti che la prendevano fin dalla prima infanzia e carattere e carisma marcati le avrebbero fatto intraprendere – nonostante la fragilità di salute – una cristianità ribelle, originale, innovativa e un'esistenza poliedricamente produttiva, lunga e importante.
In una confezione di austera, geometrica eleganza percorsa da un'umana e mistica Barbara Sukowa, la regista e sceneggiatrice traccia un curioso doppio livello d'inconsuetudine narrativa e anomalia psicologica. Parla infatti di un contesto di invidie, egoismi, gelosie, sospetti, antipatie, innamoramenti (e relative conseguenze), ostilità, scontri e soprattutto maschilismo che caratterizzavano anche l'ambito ecclesiastico. Contemporaneamente, compone poi l'affascinante ritratto di una religiosa anticipatrice - tra le altre cose - dell'emancipazione femminile, al tempo stesso prediletta e osteggiata (fino alla ventilata minaccia di eresia), studiosa, esperta di cure con piante, terra e pietre, contraria al martirio fisico, dopo un caso di gravidanza fautrice del separatismo (con le consorelle costruì un convento di sole suore), consigliera e infine predicatrice. Ad aver fornito alla cineasta un fedele materiale di riferimento sulla santa sono stati i suoi stessi scritti e i componimenti di canti gregoriani, tradotti nella suggestiva, spirituale colonna sonora a una singola voce con accompagnamento minimale.
La frase: "Poter decidere del proprio destino è un diritto divino".
Federico Raponi
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