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Vinodentro











Al compianto produttore cinematografico Fernando Ghia è dedicato il terzo lungometraggio di finzione diretto da Ferdinando Vicentini Orgnani, autore di “Mare largo” (1998) e dell’“Ilaria Alpi-Il più crudele dei giorni” (2003) da cui proviene la Giovanna Mezzogiorno qui nel ruolo della moglie del protagonista.
Protagonista che, interpretato dal Vincenzo Amato di “Respiro” (2002), è indagato dal commissario Pietro Sermonti proprio per il presunto omicidio della donna, nel corso di circa un’ora e mezza di visione costruita attraverso l’interrogatorio, appunto, dell’uomo alternando presente e passato.
Perché, liberamente ispirata al romanzo “Vino dentro” di Fabio Marcotto, dalla radice evidentemente faustiana, quella che viene raccontata è la parabola di un uomo che, timido impiegato di banca e marito fedele, diventa direttore, seduttore e il più riverito e stimato esperto di vino in Italia dopo il primo assaggio di nettare rossosangue della sua vita, al quale si è avvicinato convinto dall’enigmatico “Professore” con le fattezze del Lambert Wilson di “Timeline-Ai confini del tempo” (2003) e “Catwoman” (2004).
Una parabola che, nel ribadire che è la grande bottiglia a rendere grande l’occasione e che la chiave di tutto è il cambiamento, tenta d’immergersi nelle atmosfere del giallo a tinte noir senza rinunciare, comunque, ad un accentuato retrogusto da commedia.
Eppure, sebbene il mai disprezzabile Dante Spinotti svolga come sempre a dovere il suo lavoro alla fotografia, man mano che troviamo in scena anche la Daniela Virgilio della serie televisiva “Romanzo criminale” (2008-2010) e che assistiamo alla trasformazione dell’onesto individuo in essere ambizioso e senza scrupoli fino a perdere il lavoro in banca e a reinventarsi una vita nel mondo del succo alcoolico derivato dall’uva, i due diversi registri non tardano a rivelarsi miscelati in maniera tutt’altro che riuscita.
Tanto che, con una certa teatralità d’insieme ed un look generale non distante da quello che caratterizza molte fiction televisive nostrane, il risultato finale non può fare a meno di apparire piuttosto confuso... proprio come il terreno in cui si addentra la succitata investigazione: scivoloso, ai confini della realtà e dove è sempre più difficile distinguere i fatti dalla loro proiezione onirica.

La frase:
"Il mondo è ai nostri piedi".

a cura di Francesco Lomuscio

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