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Vegas
Ormai dall'esperienza maturata durante quattro anni di "Alice nella città" (la sezione della Festa del film di Roma dedicata ai più piccoli) possiamo dire che il cinema scandinavo per ragazzi ci va giù pesante per quanto riguarda la crudezza degli argomenti trattati. Questo è il caso di Vegas, un film su tre ragazzi disadattati, maltrattati e cancellati da una società degli adulti che non sa che farsene di loro. Thomas è un ragazzo che vive con il fratellino più piccolo, la madre e l'amante di quest'ultima che picchia la donna regolarmente. Viene dato in affidamento finché la donna non allontanerà l'amico violento. Purtroppo non ne ha la minima intenzione. Terje dopo aver spinto accidentalmente la madre da un traghetto per la Danimarca vive in un mondo tutto suo e viene costantemente rifiutato dal padre che non ha superato l'assurdo incidente in cui ha perso la moglie. Marianne è una adolescente molto problematica che passa da un affido all'altro combinando sempre guai ma che vorrebbe stare con gli zii. Nel corso del film si capisce il perché, e non è una cosa affatto bella.
Gunnar Vierke, un regista e sceneggiatore di un certo livello nel suo paese, realizza con Vegas una pellicola di un asciuttezza sconvolgente visti i temi trattati, evitando tutte le trappole in cui normalmente si incappa parlando di infanzia, adolescenza e di problemi di una certà gravità. Vierke non scade mai nel patetico, nel melodramma o nella condanna diretta del menefreghismo dei cosiddetti adulti. Qualunque significato e qualunque denuncia scaturiscono naturalmente dal corso di una storia in cui i giovani non sono mai guardati con occhio troppo indulgente, ma anzi rappresentati a tutto tondo nella loro nobiltà e meschinità, nella loro sofferenza privata così come nella loro insensibilità al dolore altrui. Non si sforza di aprire spiragli di speranza, anzi cerca di portare i suoi dolenti personaggi fino alle ultime conseguenze, costringendoli a pagare il prezzo per intero.
Cio nonostante il messaggio è fin troppo chiaro: sono gli adulti a porre le basi per lo sviluppo intellettuale delle nuove generazioni e se le loro basi non sono più che solide non lo sarà neppure l'avvenire di chi verrà dopo.
La frase: "Un norvegese sta bene in Danimarca".
Mauro Corso
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