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Vanishing on 7th Street











L’idea dell’uomo che si ritrova improvvisamente solo sulla faccia sulla Terra, se da un lato non può fare a meno di spingere a pensare ad un episodio della mitica serie televisiva "Ai confini della realtà", dall’altro richiama inevitabilmente alla memoria il romanzo di Richard Matheson "Io sono leggenda", fonte d’ispirazione per l’omonimo lungometraggio interpretato da Will Smith e, prima ancora, per "L’ultimo uomo della Terra" (1964) di Ubaldo Ragona e "1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra" (1971) di Boris Sagal.
Nel caso del quarto lungometraggio in aria thriller firmato dall’americano Brad Anderson, autore di "Session 9" (2001), "L’uomo senza sonno" (2004) e "Transsiberian" (2008), si comincia con un proiezionista dalle fattezze di John Leguizamo ("La terra dei morti viventi"), il quale, improvvisamente catapultato in una deserta Detroit fino a poco prima popolatissima, scopre altri tre individui insieme a cui lottare per la sopravvivenza man mano che calano le tenebre: un giornalista televisivo, una fisioterapista e un bambino, rispettivamente interpretati da Hayden Christensen ("Star wars: Episodio III-La vendetta dei Sith"), Thandie Newton ("La ricerca della felicità") e il televisivo Jacob Latimore.
Un punto di partenza che fa immediatamente scattare nello spettatore il desiderio di sapere cosa stia accadendo ai protagonisti, immersi nelle cupe atmosfere enfatizzate dalla contrastata fotografia di Uta Briesewitz (il già citato "Session 9").
Quindi, è soprattutto l’attesa a dominare la sceneggiatura a firma di Anthony Jaswinski ("Killing time"), che inizia a tirare in ballo i momenti di maggiore tensione soltanto una volta superata la prima parte dei circa 91 minuti di visione, quando anche il mistero della situazione comincia ad essere svelato.
E, chi è a conoscenza dei precedenti lavori del regista, sa benissimo che bisogna fare i conti con lenti ritmi di narrazione volti esclusivamente a condurre all’attesissimo twist ending proto-Shyamalan; in questo caso piuttosto vicino all’idea che fu alla base del dimenticato "They-Incubi dal mondo delle ombre" (2002) di Robert Harmon.
Con aggiunta di accentuata allegoria sull’importanza della fede religiosa, per un prodotto che, pur senza fornire troppe spiegazioni, coinvolge sufficientemente e non lascia in fin dei conti delusi.

La frase:
"Penso che Dio sia sparito, come tutti gli altri".

a cura di Francesco Lomuscio

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