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Vacancy
"In certi motel nessuno sopravvive più di una notte". E'il sottotitolo di "Vacancy", il secondo film di Nimrod Antal regista nato a Los Angeles ma formatosi in Ungheria, già direttore di "Kontroll" premiato a Cannes 2004 con il Prix de la Jeunesse. Ed in effetti per David Fox e signora (interpretati dalla coppia Luke Wilson e Kate Backinsale) quella passata al Pinewood Motel è una notte che ricorderanno a lungo. Sperduti su una strada secondaria, tortuosa e buia, il film inizia con la premura di illustrarci le difficili interrelazioni tra i coniugi tralasciando le motivazioni che li hanno portati su quella impervia via, quasi che un destino al quale è impossibile sottrarsi abbia deciso quali debbano essere le prossime ore della coppia sull'orlo di una crisi di nervi. Il motel si scorge sullo sfondo della notte circondato dagli alberi del bosco e la prima faccia che vedono è quella (poco) rassicurante di un benzinaio troppo gentile per essere vero. La notte, la vera protagonista del film, li introduce nella hall dello squallido motel dove si odono urla disumane provenire dalla stanza dietro la ricezione (per molti di noi sarebbero state sufficienti la metà di quelle grida strazianti per imboccare l'uscita e scappare a gambe levate). Ma così non è per la coppia che scoppia e l'insensata testardaggine di lui, e le poco rigorose pieghe della sceneggiatura, fanno rimanere lì gli intrepidi coniugi anche quando da quella porta fuoriesce il più losco individuo che il casting potesse immaginare (l'ottimo Frank Mason). Le premesse ci sono tutte per una notte dell'orrore ed il film imbocca la rassicurante via narrativa che da un indizio quasi casuale porta pian pianino alla tragica consapevolezza che un aspirina e qualche goccia di Lexotan non saranno sufficienti, quella notte, per abbracciare un sereno sonno ristoratore.
Film dalla fotografia pregevole ed accurata, "Vacancy", pur abbondando di luoghi comuni del genere (insetti, topi, acqua sporca dai rubinetti del lurido motel), si disallinea dall'horror classico per l'ispirazione intimista che ne impernia la realizzazione.
Una scelta che si coglie belle battute lente e posate degli attori anche nei momenti più concitati ed in alcuni lunghi silenzi non proprio consoni per la produzione di adrenalina. Lo splatter è solo accennato e le vicende personali dei due protagonisti (che faticano, a dir la verità, a mantenere la necessaria introspezione) fanno da filo conduttore dalla prima all'ultima scena risolvendosi, in conclusione, l'opera in un film che fatica ad individuare un suo preciso registro risultano quindi non del tutto convincente.
La frase: "Non riuscirà a sopravvivere se perde il controllo, Sig. Fox..."
Daniele Sesti
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