Uranya
Il titolo dell’opera seconda del greco Costas Kapakas, dopo “Peppermint” (1999), si riferisce alla bellissima e sensuale donna che, con le fattezze della nostra Maria Grazia Cucinotta, vive nell’estate nel 1969 ai margini di un villaggio in cui cinque adolescenti che sembrano usciti da “Io non ho paura” (2003) di Gabriele Salvatores sono ansiosi di scoprire l’amore e il mondo intero, mentre l’uomo sta per mettere piede sulla Luna.
Cinque adolescenti tra cui Achilleas, interpretato dall’esordiente Aris Tapis, talmente interessato ad assistere all’allunaggio degli astronauti da cominciare a mettere da parte dei soldi per poi trovarsi insieme ai suoi amici dinanzi ad una scelta: comprare un televisore per vedere l’attesissimo evento o pagare quella tanto desiderata donna dalle forme prorompenti per perdere la verginità? A partire da questo interrogativo, Kapakas, supportato dalla bella fotografia contrastata dello Stefano Falivene di “Anche libero va bene” (2006), costruisce, sullo sfondo di una Grecia in cui la dittatura è al suo acme, un delicato racconto su celluloide riguardante i sogni ed il potere dell’immaginazione tipico dell’ansia di crescita, di cui spiega: “Volevo girare una commedia nostalgica sull’adolescenza, ambientata in un preciso momento storico, pieno di sogni e aspettative, la fine degli Anni Sessanta, quando tutti speravamo in un futuro migliore, quando tutto era possibile, e l’uomo stava per mettere piede sulla luna.. quando si respirava un vento di ottimismo”.
Quindi, una sorta di “Amarcord” (1973) ellenico popolato di volti interessanti, il cui principale punto di riferimento, però, ancor prima che Federico Fellini, sembra essere il Giuseppe Tornatore di “Nuovo cinema Paradiso” (1988) e “Malèna” (2000), la cui influenza s’intuisce in non poche occasioni nel corso della narrazione. Fino all’epilogo dai toni surreali di quella che, senza troppi entusiasmi, si presenta soprattutto nelle vesti di occasione per poter cominciare a scoprire elaborati di celluloide provenienti da una nazione come la Grecia, di cui poco o niente arriva dalle nostre parti.

La frase: "Avevi ragione tu: se non riveli il desiderio si realizza".

Francesco Lomuscio

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