Quo vado?
Il ritorno di Luca Medici, in arte Checco Zalone, apre la stagione cinematografica italiana 2016 e, probabilmente, aggiornerà la classifica dei record al box-office. Il fenomeno pugliese è entrato di prepotenza nel panorama nostrano con “Cado dalle Nubi” e restatoci con “Che Bella Giornata” e “Sole a Catinelle” propone al pubblico per iniziare l’anno il suo “Quo Vado?” diretto sempre dal fedele Gennaro Nunziante, un’opera semplice ed essenziale che rappresenta il miglior prodotto realizzato insieme alla Tao Due di Pietro Valsecchi.
Zalone torna portando in scena l’italiano medio, attaccato al privilegio e al tanto famigerato “posto fisso” ormai diventato solo un miraggio, ma non per chi ha vissuto ai tempi della storica “Prima Repubblica” (anche questa canzone in testa nei passaggi radiofonici).
La sua comicità è diversa da quella del cinepanettone, meno volgare e più a portata di tutti e per questo motivo vincente. Il suo stile si avvicina, senza averne ancora la presenza scenica, a quello portato in scena da Alberto Sordi e Fantozzi, di cui si prova a porre come erede visto che riesce ad arrivare nello stesso modo senza usare alcun tipo di filtro.
La storia è quella di un impiegato che deve subire il ricollocamento in seguito all’abolizione delle province e alla perdita di tutti i privilegi ottenuti quasi per “eredità”: irresistibili le gag fantozziane del cartellino o il lungo tragitto in bicicletta per l’ufficio. Il contrasto nord-sud è quasi inesistente, anche perché oltre alle frecciatine Milano non fa capolino in quest’opera che punta molto più a nord. Zalone resiste al fascino della dottoressa Sironi (Sonia Bergamasco) grazie all’aiuto del veterano senatore Binetto (il grande Lino Banfi), che da buon nonno di tutti aveva sistemato tutti nel paese in cambio di voti. Una denuncia di ciò che era e che continua ad essere in alcuni casi, ma velata da una comicità irresistibile. Il pellegrinare di Checco Zalone lo porta ai confini del mondo: viene spedito per convincerlo a firmare le dimissioni e a perdere così il tanto amato posto fisso al Polo Nord, nella cornice dei fiordi norvegesi.
La vita però riserva molti scherzi e qui conosce Valeria (Eleonora Giovanardi), che gli permette di apprezzare che forse nella vita c’è di più del posto fisso. La vetrina data ai ricercatori del CNR è un plauso all’eccellenza del nostro paese, messa a paragone con la mediocrità che a volte resta attaccata alla poltrona nei confini nazionali.
In un finale degno di una favola nella foresta dell’Africa Nera forse finalmente si romperanno le catene del privilegio a favore di altri e ben più apprezzabili valori.
Le citazioni al cinema di oggi, gli omaggi a “La Grande Bellezza”, e alla musica di ieri, la canzone di Albano e Romina a Sanremo, sono la cartolina di un’Italia che forse non cambierà mai.
D’altronde qual è la differenza tra ufficio provinciale e dell’area metropolitana? La risposta in 86’ di commedia leggera e moralistica con un Checco Zalone giunto a nuove vette di maturità artistica.
La frase:
"Se avessi ancora il posto fisso ora c’avremmo anche l’assegno familiare".
a cura di Thomas Cardinali
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