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Un enfant de toi











"La mancanza di te, fa parte di me" (Cit. “Un enfant de toi”)

Il regista Jacques Doillon parla d’amore, un amore passionale, quasi maniacale fatto di slanci, carezze, litigi e rabbia, in un triangolo amoroso che non riesce a trovare fine, in un crescendo di situazioni paradossali e sconvolgimenti con continui cambi di posizione dei protagonisti. Un amore che rinasce dall’incontro di Aya e Louis, due caratteri diversi che pur separati ormai da tre anni, sono costretti a rivedersi per il bene della loro figlia, la vivace e combina guai Lina. Entrambi si sono rifatti una vita e hanno un compagno, ma il loro incontro porta ad un ribaltamento delle posizioni e alla rinascita della scintilla e del sentimento perduto. Il desiderio e la passione alimentati dal fascino del mistero e del proibito innescano una reazione a catena che coinvolge necessariamente i loro compagni, e se la nuova compagna di Louis si stanca e lo lascia, non è così per il dentista innamorato di Aya che si ritrova a dover lottare contro i desideri, i sogni e le speranze di lei. Ad osservare e registrare gli strani comportamenti di questo trio è la figlia di Louis e Aya decisamente curiosa nei confronti dell’amore e dello strano comportamento degli adulti.
L’idea è originale e avrebbe potuto anche generare situazioni spiritose, ma purtroppo i dialoghi infiniti, la verbosità quasi da testo letterario dei personaggi rallenta l’opera appesantendola e annoiando di conseguenza lo spettatore. Solo gli interludi dedicati a Lina sembrano a volte risollevare la scena, sebbene l’opera risulti a volte slegata, interrotta senza una sceneggiatura lineare. Sono 140 minuti in cui si parla d’amore, della mancanza dell’altro, una lotta continua con se stessi, fra la speranza e la paura, fra sogno e realtà, in un altalenante danza che mette in contrapposizione l’infantilismo di una bambina di sette anni e quello di una coppia di genitori. "Un enfant de toi" è un racconto silenzioso composto da battute brevi sull’amore, dove è la retorica a dominare la scena e i silenzi vengono inseriti a volte in contesti inutili. Non vi è alcuna introspezione psicologica o sentimentale tutto è affidato ad un dialogo retorico e all’immagine caratterizzata da una gradevole fotografia.

La frase:
"Sono come mia madre, se continua così non parlerò più con i ragazzi".

a cura di Federica Di Bartolo

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