Una donna del nord
Tratto dal racconto "Sulla via della gioia" di Louis Couperus, "Una donna del Nord" racconta una storia i cui contorni e i cui contenuti non brillano per novità o originalità.
Emile, una giovane vedova olandese (Johanna Ter Steege, "Amata immortale"), la donna del Nord per l'appunto, parte per l'Italia per raggiungere Hugo (Anthony Calf) amico del marito morto, giovane archeologo che sta compiendo degli scavi nei dintorni di Lucca, in Toscana. Hugo è innamorato di Emile e le propone di sposarlo. Lei accetta ma, dopo neanche un giorno, si fa soggiogare dalle arti seduttive del bel Capitano Aldo (Massimo Ghini). Emile si innamora pazzamente del bel bruno italiano, fugge con lui in uno sperduto paesino dell'Appennino dove, more uxorio, vivono un rapporto lubrico e appassionato.
Il regista olandese Frans Weisz (il film è una coproduzione italo-olandese) affronta la narrazione con un piglio dimesso. Come detto, trattandosi di un soggetto abbastanza sfruttato, la donna del Nord che si innamora dell'uomo del Meridione identificando in lui quel calore e quella passione che sembra non albergare nei cuori degli uomini del Nord Europa, si sarebbe forse resa necessaria una direzione meno piana e più capace di cogliere, anche sanguignamente, quel flusso di vita palpitante che altri registi, mi riferisco in particolare al James Ivory di "Camera con vista", sono riusciti con mano felice a rappresentare quando hanno avuto a che fare con storie di casa nostra. Invece, sono i guanti candidi di Emile ad essere inquadrati o le rilassanti terme di Bagni di Lucca che rilassano anche le meningi dello spettatore sprofondandolo in un mellifluo sogno di inizio secolo. Unico sussulto, la visita alla statua di Ilaria del Carretto a Lucca, la cui bellezza riesce a conquistare anche dagli schermi di un cinema.
Storia con un finale scontato me non così tragico come ci si aspetterebbe, storia sorretta scomodamente da dialoghi molto letterari che necessiterebbero di interpreti eccezionali al fine di risultare credibili. Prova difficile per gli attori che raramente si elevano da una strapazzata sufficienza. L'anemica attrice olandese, Masimo Ghini il tombeur de femme, un enigmatico e rancoroso Alessandro Haber (nel ruolo del padrone dell'Albergo dove si svolge gran parte della vicenda) alla distanza cedono, senza riuscire ad impreziosire l'opera. Fra questi, spicca una brava Pamela Villoresi capace di ritagliarsi con cura un ruolo solo apparentemente modesto.
Buono il commento musicale di Andrea Morricone.
Un film ordinario (a parte il naso, di Johanna Ter Steege, straordinario).

Das

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