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Twilight
Twilight è uno di quei pochissimi film che, a prescindere da meriti o pregi di particolare valore, è in grado di catalizzare l’attenzione degli appassionati molto tempo prima che anche la sola uscita sia prossima. La ragione è, come spesso accade, il romanzo da cui è tratto, un libro che non solo ha registrato un enorme successo di vendite, ma ha anche saputo conquistare il cuore dei suoi lettori, o meglio ancora delle lettrici.
Twilight (il film così come il libro) è di fatto uno "shojo manga" tutto occidentale. Nell’ormai centenaria tradizione nipponica, lo "shojo manga" non è tanto un genere, quanto un tipo di racconto che si rivolge a un pubblico adolescente e di norma femminile. Si basa sulle passioni travolgenti dei protagonisti, vissute però con una sensibilità da teen ager vecchia maniera: emozioni violente che trovano la loro espressione in una corporeità rarefatta e per certi versi persino casta. I ragazzi rappresentati sono apertamente femminilizzati: completamente glabri, eterei nei lineamenti, prestanti ma non muscolari. In un certo senso "emo" ante litteram, e quindi particolarmente indicati, se non di moda, presso la particolare ed eterna inquietudine adolescenziale di oggi.
Non è quindi sorprendente che a riscuotere tale successo sia stato un romanzo sui vampiri, creature cupe ed oscure che si dibattono tra il ricordo della propria umanità perduta e la costante minaccia della propria natura predatrice e bestiale, che potrebbe prendere costantemente il sopravvento. Questo tema di per sé conflittuale viene trasportato in una dimensione altrettanto esplosiva: quella adolescenziale, dunque a metà fra infanzia ed età adulta. L’ottica è peraltro tutta al femminile (impronta forte che l’autrice ha voluto conferire anche al romanzo), non esiste altro punto di vista che non sia la sensibilità della giovane protagonista la cui carnagione pallida e il capello color rame sembra attirare i vampiri più delle zanzare. Nel film la regista ha voluto rendere la cupezza dell’intreccio (e del titolo) con atmosfere opache e rarefatte, adatte al nordico stato della costa occidentale in cui è ambientato l’intreccio, Washington (da non confondere con la capitale degli Usa, Washington DC). Unica eccezione, la scena in cui il vampiro rivela finalmente la propria natura. Una scena, per inciso, estramente solare e insolitamente lucente, che sembra coinvolgere un essere angelico più che una sinistra creatura della notte. Aspetto che la regista sembra sottolineare nella scena del laboratorio di biologia (si noti come il gufo dietro la schiena di Edward quasi renda l’efebico protagonista una specie di serafino).
In definitiva si tratta di un prodotto consigliabile solo ai minori di vent’anni, non privo di qualche ingenuità sia dal punto di vista della sceneggiatura che della regia, ma che non mancherà di trovare il proprio pubblico "sicuro", in grado di apprezzarlo e di amarlo.
Come film destinato a un pubblico di adolescenti è tutto sommato onesto e in fondo, nel suo puritanesimo di base, rassicurante anche per i genitori in apprensione per tanta vampirica sensualità.
Mauro Corso
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