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Triplice inganno
“Les Brigades du Tigre è un poliziesco che rispetta i codici narrativi del genere, ma si sposta progressivamente verso una storia più romanzesca. Ho voluto realizzare un film popolare, divertente e, al tempo stesso, personale”.
Così il regista Jérôme Cornuau parla del suo “Les brigades du tigre” – in realtà co-diretto da François Cornuau – che, tratto dall’omonima serie televisiva francese divenuta cult negli Anni Settanta e ribattezzato “Triplice inganno” per la distribuzione italiana, vede protagonisti Valentin, Pujol e Terrason, i tre poliziotti dai baffetti sottili e dal grilletto facile componenti della forza speciale denominata Brigate Mobili, la quale, creata nel 1907 dal Ministro dell’Interno Georges Clemenceu per arrestare l’ondata di criminalità senza precedenti in piena “Belle Epoque”, raggiunge in seguito la popolarità sotto un altro nome: la Brigata Tigre.
E, affiancati da Diane Kruger (“Troy”) ed un irrilevante Stefano Accorsi (“L’ultimo bacio”), sono Clovis Cornillac (“Una lunga domenica di passioni”), Edouard Baer (“Asterix e Obelix: Missione Cleopatra”) e Olivier Gourmet (“Il tempo dei lupi”) a ricoprire i ruoli che furono di Jean-Claude Bouillon, Jean-Paul Tribout e Pierre Maguelon, per una vicenda di celluloide che, nonostante l’incipit dai toni vagamente scanzonati, rivela ben presto l’ironia quale elemento marginale all’interno di un prodotto non privo di cattiveria, immagini forti e spargimenti di sangue, tanto da richiamare in un certo senso alla memoria la violenza tipica delle strisce a fumetti.
Mentre, tra sottotesti politici ed un pizzico di spettacolarità, meritano la citazione le scenografie di Jean-Luc Raoul, i costumi di Pierre-Jean Larroque e, soprattutto, la fotografia di Stéphane Cami.
Sebbene i ritmi generali di narrazione non tardino a rispecchiare quelli di un prodotto destinato alla tv, tanto da spingere tranquillamente a pensare che, considerata anche la sua non breve durata (oltre 120 minuti), il lungometraggio avrebbe funzionato meglio come fiction in due puntate che proiettato per intero su grande schermo.
E, trattandosi di un derivato da una serie televisiva, risulta difficile stabilire se ciò è da ritenersi pregio o difetto, ma il passato artistico del regista parla chiaro; provate a dare uno sguardo al suo curriculum.
La frase: "La Brigata Mobile adora il successo, il fiasco non è compatibile con il lavoro della Brigata Mobile".
Francesco Lomuscio
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