Treno di notte per Lisbona
"A night train to Lisbon" è una trasposizione del best-seller di Pascal Mercier, la storia di un professore svizzero che decide di rimettere la sua vita in discussione partendo per Lisbona e indagando sulla vita di uno scrittore portoghese, nella cui opera trova molti punti di contatto con la sua condizione psicologica.
Bille August, insieme ad un cast ricchissimo composto da Jeremy Irons, Charlotte Gainsbourgh, Melaniè Laurent e Martina Gedeck, mette in scena la vicenda, cercando di soffermarsi sia sul percorso individuale del protagonista sia sul contesto storico-politico (la dittatura di Salazar). Una scelta ambiziosa che non viene però ripagata da un risultato all’altezza: August sembra volerci dire tutto senza però riuscire a comunicare nulla di autentico, ma realizzando invece un’opera superficiale, priva di mordente e innocua. Più la vicenda va avanti più l’intento del regista diventa confuso: il punto focale della sua indagine non sembra essere né quello di realizzare un affresco storico né quello di narrare il travaglio interiore di un protagonista potenzialmente molto interessante ma qui ridotto ad un banale stereotipo. L’intreccio narrativo, invece di dare spessore al film, risulta un’arma a doppio taglio e la storia del professore diventa piatta, reclusa alla condizione di cornice invece di rappresentare un’occasione di confronto con il passato di Amedeu e conferire così una vera statura psicologica al suo personaggio.
Anche le prove degli attori vengono quindi influenzate da questo approccio approssimativo: da un Jeremy Irons recluso in un personaggio piatto e poco incisivo, ad una Gainsbourgh sacrificata, ad una Melaniè Laurent che non riesce a svincolare la sua Estefania da una sensazione di permanente dejà vu.
Tutto, indistintamente, sembra influenzato da questa idea di cinema descrittiva, unidirezionale, che soffoca ogni possibilità di libera interpretazione, riducendo tutto ad un elenco di nomi, situazioni e false emozioni.
Un vero peccato, perché la storia aveva del potenziale e le possibilità di realizzare un’opera degna di nota c’erano tutte.
La frase:
"When dictator is a fact, revolution is a duty".
a cura di Stefano La Rosa
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