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Tomb RaiderLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio13 marzo 2018Voto: 6.0
Se, con le fattezze della svedese premio Oscar Alicia Vikander, la troviamo immediatamente impegnata a sfoggiare la sua abilità nello sfrecciare in bicicletta, il motivo è semplicissimo: la Lara Croft raccontata nelle quasi due ore di visione in questione non è la fredda e sarcastica donna creata da Toby Gard e protagonista, a partire dal 1996, dei videogiochi iniziati con “Tomb raider”, bensì la insicura ed empatica ragazza che, ideata da Rhianna Pratchett, ha effettuato il proprio debutto nei reboot che hanno cominciato a prendere forma dal 2013.
Quindi, dimenticate del tutto la sexy Angelina Jolie che la incarnò cinematograficamente in “Lara Croft – Tomb raider” di Simon West e nel più movimentato seguito “Tomb raider – La culla della vita” di Jan de Bont, rispettivamente datati 2001 e 2003, in quanto, in un certo senso, è in qualità di prequel a quei due lungometraggi che potremmo considerare le quasi due ore di visione messe in piedi dal norvegese Roar Uthaug, autore, tra l’altro, del disaster movie “The wave”. Perché, inizialmente presa a lavorare come corriere sulle caotiche strade di East London, priva di qualsiasi obiettivo o scopo reale e riuscendo, a malapena, a guadagnare i soldi per pagare l’affitto della casa, quella vikanderiana è una ventunenne Lara destinata ad essere coinvolta nella sua prima vera avventura. Una Lara di cui vengono spiegate le scelte che l’hanno resa una delle più grandi e famose eroine di tutti i tempi e che, rifiutatasi di assumere il comando dell’impero globale del padre Richard alias Dominic West, è decisa una volta per tutte a risolverne il mistero della morte gettandosi alla ricerca della sua ultima destinazione nota: un’isola mitologica che potrebbe essere sita la largo delle coste del Giappone. Del resto, man mano che si aggiunge al cast anche la mai disprezzabile Kristin Scott Thomas nei panni di Ana Miller, dirigente decana della Croft Holdings, in mezzo a presente e flashback più volte alternati è proprio il rapporto tra genitore e figlia a rivelarsi il nocciolo della vicenda. Vicenda atta a tirare in ballo, inoltre, lo spietato Mathias Vogel interpretato da Walton Goggins, leader di un gruppo di mercenari interessati ai resti mummificati della Regina Himiko, conosciuta come Madre della Morte; ma soltanto dopo un’escursione a Hong Kong in cerca del Lu Ren dai connotati di Daniel Wu, figlio dell’uomo con cui il defunto genitore della Croft era in contatto. E, oltre al consueto utilizzo di arco e frecce, non manca neppure una esilarante apparizione per il comico britannico Nick Frost nel corso di una non disprezzabile operazione che, complice in particolar modo il dosato e tutt’altro che invadente ricorso all’effettistica digitale, sembra guardare più alle pellicole d’avventura del XX secolo che al variopinto fracasso di tante esperienze videoludiche rilette sul grande schermo. Anche perché, in fin dei conti, è impossibile non pensare alle imprese dello spericolato archeologo Indiana Jones sia nella fase horror pre-epilogo che dinanzi alla tesa, memorabile sequenza all’interno del fatiscente aereo risalente alla Seconda Guerra Mondiale che cade a pezzi sulle rapide. La frase dal film:
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