FilmUP - Recensione: Tobia al caffè

Tobia al caffè
I protagonisti della storia sono Giuseppe (Roberto Citran, "Le acrobate") reduce da una vita difficile e cameriere all'elegante Caffè Quattro Palme e Tobia un ragazzino figlio di una coppia ricca che frequenta il locale.
Nei dieci anni che trascorrono in questo ambiente Tobia crescerà e con lui l'affetto che Giuseppe prova nei suoi confronti e che sentirà sempre più come un figlio. All'interno del Caffè tutto sembra immutabile e destinato a cristallizzare ruoli e attività, ma a scardinare questo luogo che sembra senza tempo ci pensa Annetta (Candice Hugo), ragazza dai grandi occhi ingenui e appassionati che arriva con un gruppo di giovani pieni di vita. Mentre Tobia e Giuseppe rappresentano l'utopia e la fedeltà ai propri sentimenti, Annetta rappresenta una via di mezzo tra il reale e l'irreale, l'elemento scatenante dei desideri sopiti. E sarà il mondo esterno (prima i giovani, poi i diseredati e i senza legge che invaderanno il caffè) con la sua veemenza e la sua cattiveria a spaccare il guscio che riveste l'animo dei protagonisti rendendo più chiare idee e certezze di questi personaggi estremi.
Così i due personaggi che hanno sempre vissuto a contatto l'uno con l'altro sono forse destinati a separarsi. Ma il vecchio cameriere che aspetta pazientemente il ritorno del padrone rappresenta il simbolo della tensione tra vita reale e sogno di chi ha affrontato sorrisi, drammi, comicità, ansie e amori.
Diretto da Gianfranco Mingozzi ("L'appassionata", "Il frullo del passero") "Tobia al caffè" è un film sui sentimenti mai realizzati, sulle difficoltà di vivere diversamente, sulle passioni impossibili e sullo scontro tra l'individuo che vive in solitudine e la realtà che lo circonda e lo sovrasta.

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