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Ti presento un amico
A diciassette anni da "Piccolo grande amore" (1993), che lo portò all’attenzione del grande pubblico, Raoul Bova torna sotto la regia di Carlo Vanzina per vestire i panni di Marco Ferretti, giovane manager italiano lavorante a Londra per un’azienda di cosmetici e che, lasciato dalla compagna e convocato a Milano, viene promosso a nuovo Capo del Marketing, trovandosi però a dover svolgere anche lo scomodo compito di addetto ai licenziamenti.
Con una breve apparizione dell’Andrea Pucci che siamo abituati a vedere ogni domenica pomeriggio nella trasmissione tv "Quelli che... il calcio" e la "iena" del piccolo schermo Paolo Calabresi inclusa nel cast, è quindi tra la capitale inglese e il capoluogo lombardo (anche se molti interni sono stati girati a Roma) che il figlio di Steno, affiancato in fase di sceneggiatura dal fratello Enrico e dal Francesco Massaro che diresse "Ti presento un’amica" (1987), pellicola del tutto estranea a questa, costruisce una commedia sentimentale nel tentativo di distaccarsi da quelle tipicamente ancorate allo stivale tricolore per rifarsi alle produzioni britanniche interpretate da Hugh Grant.
In maniera simile ai personaggi spesso incarnati sullo schermo dall’affascinante protagonista di "Love actually-L’amore davvero" (2003), infatti, Marco, in cerca della giusta figura femminile da porre al suo fianco, fa conoscenza con la gallerista d’arte Sarah, la collega Giulia, l’impiegata Francesca e la giornalista televisiva Gabriella, rispettivamente con le fattezze di Kelly Reilly ("Sherlock Holmes"), Barbora Bobulova ("Cuore sacro"), Sarah Felberbaum ("Maschi contro femmine") e Martina Stella ("Un’estate ai Caraibi").
Però, a partire da una recitazione non sempre convincente, oltretutto penalizzata da un doppiaggio mediocre, non pochi sono gli aspetti destinati a convincerci che ci troviamo dinanzi ad una delle prove meno riuscite dell’autore di "Yuppies-I giovani di successo" (1986), il quale, ponendo spesso l’oroscopo sulle bocche dei vari personaggi nel probabile tentativo di enfatizzare una società che, avvolta dallo "spettro" della crisi, sembra quasi voler affidare il proprio futuro alla "voce delle stelle", si mostra questa volta incapace di coinvolgere in maniera efficace lo spettatore.
Fino al messaggio finale di speranza che, "protagonista" di un epilogo ottimista tipicamente vanziniano, sembra però forzatamente infilato nell’insieme, forse più adatto ad una fruizione televisiva, ma in fin dei conti fiacco, non privo di banali errori (il numero telefonico che Sarah lascia a Marco non è lo stesso che lui poi utilizza per contattarla) e del quale sfugge l’effettiva utilità.
La frase: "Giulia ti presento un amico, Marco Ferretti ufficio marketing di Londra".
Mirko Lomuscio
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