L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza
Il 1970 tra le altre cose è stato l'anno dei mondiali di calcio in Messico e della ormai mitica finale in cui l'Italia dovette rinunciare alla coppa del mondo in favore del Brasile. Anche per il piccolo Mauro in quell'anno i mondiali di calcio erano la cosa più importante sulla faccia della terra, ma la routine dei suoi pacifici interessi viene sconquassata quando i genitori decidono di lasciare il figlio dal nonno per andare "in vacanza". La natura sospetta di questa partenza "politica" è sicuramente legata alla dittatura militare vigente in Brasile fino agli anni '80, e anche se non viene detto esplicitamente con ogni probabilità il padre e la madre di Mauro sono ricercati per il loro attivismo politico. Così il bambino viene lasciato in fretta e furia di fronte casa del nonno, senza sapere che questi è morto poco tempo prima.

"L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza" non è il classico film di formazione in cui viene mostrato il passaggio del protagonista dall'infanzia all'età adulta, e non è nemmeno un film particolarmente drammatico nonostante le premesse senz'altro poco incoraggianti. Si tratta, sorprendentemente, di una commedia girata dal punto di vista del piccolo protagonista. Assistiamo così al racconto di parte di un estate del piccolo Mauro, e ci sorprendiamo e commoviamo di fronte alla sua capacità di adattamento ad un mondo per lui ignoto e alle insolite circostanze che gli si parano innanzi.

Durante il suo soggiorno nella casa del nonno, ormai vuota, Mauro conosce meglio il suo parente di religione ebraica, di cui conosce l'ambiente dell'emigrazione (per essere meglio accettato il suo nome viene però cambiato in Moishele) ed il variopinto quartiere in cui si trova e che rappresenta un vero e proprio universo in scala ridotta. Viene proposta quindi un'autentica babele in cui si parla portoghese, yiddish, tedesco e italiano (e possiamo anche assistere a una curiosa partita di calcio di quartiere "ebrei contro italiani"). L'umorismo garbato ed ingenuo è affidato all'innocenza dei piccoli protagonisti e alle loro deliziose espressioni di stupore di fronte ad una realtà che credono di dominare ma non comprendono appieno. Si ride quindi, e molto, ma con occhio sempre attento alla realtà brasiliana di quegli anni, ai fermenti studenteschi e alle violente repressioni della polizia. Il finale non lascia del resto dubbi rispetto alla natura tragica anni di piombo in Brasile.

La frase: "Scusami, ma ora sono molto impegnato".

Mauro Corso

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