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The Tempest
Chissà se, nell’ormai lontano 1986, quando portò in scena "La tempesta" in un piccolo teatro di New York, la regista del Massachusetts Julie Taymor – autrice nel 2007 del musical beatlesiano "Across the universe" – aveva immaginato che, ben ventiquattro anni dopo, si sarebbe occupata di una trasposizione cinematografica della popolare opera di William Shakespeare.
Con lo stregone Prospero trasformato su celluloide nella maga Prospera, cui concede anima e corpo la grandissima Helen Mirren ("The queen-La regina"), eccola su schermo la vicenda dei membri di una corte reale che, dopo un terribile naufragio, si ritrovano sulle rive di una misteriosa isola, in realtà lì condotti proprio dai poteri della donna esiliata, decisa a fare i conti con gli stessi uomini che l’avevano bandita dalla sua patria.
Uomini che, tra vendetta e perdono, sottopone ad avventure pericolose e spesso divertenti, supportata dagli aiutanti Ariel e Caliban, rispettivamente interpretati da Ben Whishaw ("Profumo-Storia di un assassino") e Djimon Hounsou ("Push"); fino al momento in cui la figlia Miranda, con le fattezze di Felicity Jones ("Ritorno a Brideshead"), s’innamora a prima vista di Ferdinando alias Reeve Carney ("La neve cade sui cedri"), figlio del re.
E, nei panni di Stephano, è coinvolto anche il mitico Alfred Molina ("An education") all’interno di questi circa 110 minuti di visione che, spaziando tra amore, tragicommedia ed eventi soprannaturali, individuano il loro maggiore pregio nell’affascinante aspetto visivo enfatizzato grazie alla notevole cura estetica, testimoniata dalla bella fotografia di Stuart Dryburgh ("Ritratto di signora") volta ad illuminare il tutt’altro che disprezzabile connubio di scenografie e costumi.
Però, a partire dalla grande importanza che finiscono inevitabilmente per assumere le performance degli attori, l’aria che si ha l’impressione di respirare non è quella di una trasposizione cinematografica della pièce, bensì quella della stessa trasferita così come è all’interno dei fotogrammi, con tutti i suoi elementi e caratteristiche.
Il taglio generale, quindi, rimane decisamente teatrale e, fino al momento cantato di chiusura, l’insieme non manca di apparire piatto e noioso, dimostrandosi incapace di regalare emozioni perfino nelle sequenze dominate dagli effetti speciali.
La frase: "L’inferno è vuoto e i diavoli sono tutti qui".
Francesco Lomuscio
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