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The Strangers
In maniera simile all’inizio di "Non aprite quella porta", una voce narrante ci avverte che la storia che sta per seguire è ispirata a fatti realmente accaduti e, non a caso, seppur presente soltanto in pochissimi momenti nel corso dei circa 85 minuti di visione, a mancare non è una certa violenza tipica del più crudo horror degli Anni Settanta, all’interno di cui, appunto, rientra anche il capolavoro di Tobe Hooper.
Ma, se nell’assistere alla raccapricciante vicenda di Kristen McKay (Liv Tyler) e James Hoyt (Scott Speedman), assediati nella sperduta casa di vacanze di famiglia da misteriosi e violenti aggressori, vi sembra di provare una certa sensazione di déjà-vu, non state affatto sbagliando, perché l’esordio registico di Bryan Bertino, che firma anche la sceneggiatura, altro non è che un rifacimento stranamente non dichiarato del gioiellino franco-rumeno "Ils", diretto nel 2006 da David Moreau e Xavier Palud e meglio conosciuto con il titolo anglofono "Them".
Quindi, anche qui abbiamo un'unica situazione di terrore dilatata per l’intera durata del lungometraggio, ma Bertino, a differenza delle recenti riletture a stelle e strisce di horror provenienti da altri paesi (si pensi a "The eye" e "Chiamata senza risposta"), evita intelligentemente di abbandonarsi al concepimento di un remake-fotocopia della pellicola da cui prende le mosse, dimostrando anche di conoscere discretamente la macchina da presa ed i meccanismi della paura su celluloide.
Infatti, mentre il film di Moreau e Palud rivelava le fattezze degli ignoti disturbatori soltanto una volta giunti allo spiazzante epilogo, "The strangers" stravolge il punto di vista generale mostrandoceli tranquillamente in tutta la loro fisicità, anche se nascosti dietro inquietanti maschere, una delle quali curiosamente simile a quella indossata dal bambino dello spagnolo "The orphanage" di Juan Antonio Bayona.
Certo, chi ha avuto modo di vedere l’originale è già perfettamente a conoscenza del twist ending, ma la tensione la fa da padrona e, grazie anche all’immancabile uso del sonoro, gli spaventi non mancano davvero.
Fino all’ultima inquadratura.
La frase: "Perché ci fate questo?".
Francesco Lomuscio
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